sabato 31 ottobre 2009

Con un centesimo delle nostre possibilità

Viaggio: noi, una jeep e quel pezzo d'Africa che è Uganda, Congo, Mambasa. Mentre ci lasciamo alle spalle strade dissestate, frammenti di foresta e capanne a ridosso dell'unica via di comunicazione, mi chiedo come sarà la nostra destinazione finale... fantastico su quel che sarà mai per me, Mambasa.

L'arrivo del martedì pomeriggio è emozionato e smanioso, come tutti gli arrivi che si rispettino. Non fatichiamo a stabilire un contatto con la gente, con tutta la gente... non importa che siano i bambini con cui giocheremo a calcio, le donne che passano lungo la missione per tornare a casa o gli operai assunti da p. Silvano. Qui è così naturale scambiarsi saluti con tutti, chiacchierare un po' e dirsi "jambo"! con una forte stretta di mano. Giorno dopo giorno mi sorprendo sempre più nel notare che non c'è nessuna forma di aggressività o violenza da parte delle persone che incontriamo o che vediamo, non c'è uno sguardo cattivo, non c'è un gesto malizioso.
E penso a quel che in Italia mi circonda, ai continui doppi fini che caratterizzano
ormai i rapporti della nostra società, penso a chi per strada guarda dritto davanti a sé
senza interessarsi al mondo che lo circonda, a chi se si sente dire "buongiorno" e non
ti ha mai visto prima, gira la faccia dall'altra parte senza risponderti.
Beh sì, qui a Mambasa però qualche doppio fine c'è quando si incontrano i wazungu (i "bianchi"): chiedere les bons bons o l'argent (caramelle e soldi).

Devo ammettere che è stato arduo i primi giorni riuscire ad accettare che i bambini ci chiedessero soldi o altro per poter giocare a calcio con loro, piuttosto che le caramelle ogni qualvolta entravamo in camera. Ma confesso che è stato poi magnifico scoprire pian piano che iniziavamo ad essere qualcuno di diverso per loro dai soliti wazungu. Eravamo diventati compagni di giochi, quelli che gli insegnavano i motivetti da canticchiare insieme in cerchio, quelli da aspettare ogni po-meriggio, quelli che non li lasciavano soli col pallone da calcio... l'attenzione di questi bambini verso quel che volevamo insegnargli era così alta che ho sognato di potergli insegnare tutto ciò che di bello al mondo c'è senza dover faticare troppo. La maggior parte di loro non conosce il calore di un abbraccio paterno o di una carezza della mamma.
Qui in Africa non è solito vedere per strada coppie che si abbracciano o che si tengono per mano. Non è facile vedere un bambino che gira in spalla al papa. Qui le persone si imbarazzano davanti a forme di affetto evidenti. Quel che mi rattrista è che sarebbe difficile da vedere anche tra le quattro piccole "mura" che fanno da casa a questa gente. Ed è anche per questo che i bimbi cercano da noi affetto e coccole a modo loro.
Noto quindi che qui, per chi non ha un'istruzione superiore alle elementari è impossibile riuscire a concepire una famiglia come la intendiamo noi. Qui le famiglie si formano perché succede "l'incidente" e, come Dio vuole, ci si sposa. Qui non si pensa a proliferare meno anche se non si possono sfamare a dovere tutti i figli, perché è il Signore che li vuole.

Nonostante queste "mancanze" (o meglio differenze sostanziali) sento che questa gente ha quel che noi stiamo perdendo... conserva la parte più naturale e istintiva che l'uomo occidentale sta perdendo, o forse solo scordando.
Quella parte umana che scopre i sorrisi incondizionati, i giochi in strada con i copertoni delle ruote delle biciclette, le danze in cerchio fuori dalla chiesa la domenica mattina dopo la messa. Quella parte che non discrimina chi porta la stessa maglietta strappata per una settimana intera, o chi cammina scalzo su terra e sassi.
Le immagini che caratterizzano una passeggiata per le vie di Mambasa sono le donne che camminano con carichi sul capo, acqua, cibo, legna... sembra che il lavoro più pesante qui sia proprio il "sesso debole" a svolgerlo. Mentre facciamo due passi attorno alla missione ci accorgiamo che a una donna è caduto quel che portava sulla testa: ci fermiamo per aiutarla e con un po' di vergogna scopriamo che addirittura in tre persone fatichiamo a sollevare il carico...
L'uomo porta a casa lo "stipendio" nei casi più fortunati, ma dev'essere continuamente spronato a lavorare, ha bisogno di qualcuno che gli dica come fare, e che gli insegni che dal lavoro e dalla fatica nasce il guadagno, e che l'intraprendenza è fondamentale per poter migliorare le cose.
Seppur scoraggiati da alcuni atteggiamenti refrattari e conservativi, restiamo molto contenti nel vedere che c'è chi ha voglia di imparare come fare bene le cose, chi si interessa alla conoscenza, al lavoro. La sofferenza sui volti di queste persone che hanno visto la guerra è ancora chiara, la paura di un ritorno alle armi è diffusa e la sfiducia verso il futuro è compagna nella vita di tutti i giorni. Qui a Mambasa si vive per oggi... domani, chissà... Ma si può notare come pian piano la situazione volga al meglio, come la gente sa quel che potrebbe avere e si adopera per ottenerlo, come l'istruzione è accessibile a una persona in più ogni giorno...

Non vorrei mai trapiantare la vita occidentale a Mambasa. Non vorrei mai che questi bambini giocassero con la playstation piuttosto che a calcio sui prati. Non vorrei mai scambiare il grigio che noi vediamo in città quando alziamo gli occhi verso l'alto con questo ciclo infinito di nuvole bianche. Non abbatterei un metro di foresta per costruire un grattacielo. Non vorrei che l'asfalto cancellasse quel magnifico odore di terra. Ma sarei felice di sapere che queste persone possono pensare al loro domani, e che possano avere almeno un centesimo delle possibilità di scelta che noi abbiamo.

Elena De Marco

questo è il secondo articolo tratto da :

"UNA SOLA FAMIGLIA", n.110, ottobre 2009

giovedì 29 ottobre 2009

Copiamo questa serie di articoli da "UNA SOLA FAMIGLIA", n.110, ottobre 2009

SPECIALE MAMBASA:
Presentiamo 7 racconti di esperienza missionaria a Mambasa (Congo). I primi cinque mettono a fuoco un aspetto particolare della realtà congolese: Federico l'aspetto politico sociale; Elena, la gente e cultura; Ilaria, la realtà ecclesiale; Chiara il ruolo del volontario; Francesco, la situazione della sanità. Invece Enrico, Mario e Franco fanno un bilancio personale dell'esperienza. Per ulteriori informazioni: cfr. www.mambasa.blogspot.com


UN FUTURO GIÀ PRESENTE

La Repubblica Democratica del Congo è una Repubblica semi-presidenziale che si estende su una superficie pari a un quarto dell'intera Unione Europea. La maggior parte di questi 2.345.410 km2 di territorio è ricoperta dalla foresta pluviale dell'Africa centrale, la seconda foresta più grande al mondo dopo l'Amazzonia. Almeno il 70% di questa (1.725.000 km2 circa) è ancora intatta.

Il territorio del Congo è ricchissimo di risorse: oro, diamanti, uranio, cobalto, rame e coltan (columbite-tantalite, metallo utilizzato nella telefonia cellulare e per le componenti informatiche), legno pregiato e gomma arabica. Ma questa ricchezza è, paradossalmente, la causa della povertà e sottosviluppo del paese.

Sfruttato prima dalla colonizzazione belga, poi dalla trentennale dittatura di
Sese Seko Mobutu (1965-1997), devastato da sanguinosissime lotte per
un'indipendenza strappata al Belgio forse troppo prematuramente, invaso (a partire
dagli anni '90) dagli eserciti dei paesi vicini e da bande mercenarie che hanno
sostenuto e alimentato la guerra civile e gli scontri tra le componenti etniche delle
province frontaliere, questo Paese è tuttora segnato da gravi focolai di tensione,
ancora non definitivamente controllabili.
Dopo un anno di relativa stabilità, nell'autunno del 2008 sono riesplosi gli
scontri tra l'esercito regolare (FARDC) e le milizie del CNDP (Congrès National
pour la Défense du Peuple, rutsi filo-rwandesi); scontri che hanno
provocato oltre 250.000 sfollati nel Nord Kivu e nelle province confinanti.
Nel gennaio del 2009 le parti in lotta hanno improvvisamente trovato un
accordo. Nonostante ciò la situazione resta molto tesa a causa del protrarsi
delle operazioni militari.

La MONUC (Missione ONU Congo) dispiega in Congo circa 17.000 effettivi, ma
nonostante ciò è rimasta tagliata fuori dalla gestione della crisi con conseguenti
possibilità di destabilizzazione a livello centrale. La MONUC non è la sola ad essere
tagliata fuori.
Il Governo sembra non essere in grado di gestire un Paese così grande e così pieno di risorse; le politiche del presidente Joseph Kabila volte alla ricostruzione sembrano essere riuscite a ricostruire ben poco nelle province del Kivu e dell'Itoli. Il Paese è carente in ogni genere di struttura: dalla rete stradale, al settore sanitario, tutto sembra gridare all'unisono che l'apparato statale congolese sembra inesistente. La formazione delle giovani generazioni, la sanità, le campagne di lotta e prevenzione dell'AIDS, come quelle per la diffusione dell'acqua potabile e la costruzione di fonti e pozzi, sono per lo più gestite dalla cooperazione internazionale o dalla chiesa.
Mambasa è il punto ideale per rendersene conto: le scuole esistenti sono state fondate, costruite e gestite dai missionari; anche la formazione tecnica dei giovani è affidata alle missioni. L'ospedale civile sarà presto affiancato da una struttura ospedaliera che sta sorgendo nella missione. Le difficoltà incontrate dai missionari sono molteplici e di diverso ordine: dove non ci si mette la burocrazia a rallentare il progresso, si incontrano fattori culturali che difficilmente lo incoraggiano. Lentamente, anche e soprattutto attraverso la scuola, si sta cercando di dare al popolo congolese la consapevolezza che un "domani" esiste e che quanto di buono viene investito oggi darà frutti nel futuro.

Dalla formazione dei figli all'utilizzo dell'acqua dei pozzi, dalla richiesta di materiali più resistenti per la costruzione delle abitazioni (tradizionalmente in legno e fango) alla gestione dei risparmi, qualcosa sta lentamente cambiando e i risultati si vedono.
Il cambiamento è possibile: alcuni risultati sono immediati, per altri bisogna attendere che il tempo faccia il suo corso; ma non bisogna scoraggiarsi o guardare al futuro troppo negativamente perché la costruzione di qualcosa di bello è nelle nostre mani che, giunte, collaboreranno solidalmente per un futuro più equo.
Questo, nella missione di Mambasa, già accade.

Federica D'Alessandra

martedì 27 ottobre 2009

Mambasa-Kinshasa-Mambasa

Da ieri sera sono a Mambasa.

Praticamente solo. Padre Dino e padre Gauthier sono a Kisangani per una riunione importante e per cercare ancora qualche professore. Impresa difficile per le ragioni che conoscete. L'insegnamento paga poco...meglio andare a lavorare i campi o andare a cercare l'oro. Ma non molliamo. Prima di annegare lanceremo ancora un SOS.

Notizie telegrafiche: due, stasera, per seguire il consiglio di Gianluigi: piccoli messaggi...ma senza troppe interruzioni.

1) Consegna del camion Fiat.

Dopo il viaggio avventuroso a destinazione di Kisangani, la consegna gioiosa del camion e l'accettazione ancora più gioiosa da parte dei padri Wilson e Giovanni.
Non è stato necessario nessun accordo protocollare: una stretta di mano come ai vecchi tempi. Auguro un buon lavoro e che questo camion sia utile.



2) Incontro con Mons. Barone Antonio.

Uno dei motivi principali del mio viaggio a Kinshasa era di accompagnare Mons. Barone Antonio nei suoi contatti in preparazione all'apertura del Centro culturale: Maison des Jeunes - St. Paul. Era giunto da Milano proprio per questo.

Questa opera ha un duplice obiettivo: essere un centro culturale aperto a tutti gli studenti universitari e collegio universitario per un numero ristretto. Abbiamo visitato più volte la casa, discusso sui vari lavori e cambiamenti da fare; abbiamo preso contatti con il vescovo ausiliare Mgr. Dominique Bulamatari e cercato di creare una piccola commissione di studio.

Auguro anche a questa opera un buon successo affinché possa veramente essere un foyer di cultura e di formazione...








Le foto vi diranno più di tante parole...
Spero continuare domani.
Fra poco andrò davanti alla Madonnina del tronco... Non mi mancheranno le intenzioni per cui pregare.

sabato 24 ottobre 2009

NDUYE VI SALUTA




I giorni scorsi volevo mostrarvi qualche foto di Nduye. Non mi è stato possibile; sia perché occupato in diversi viaggi nei villaggi, per fare animazione in vista del Giubileo della parrocchia, sia perché in questi giorni la connessione Internet qui da noi è molto capricciosa.

Nduye! Ci sono andato sabato scorso, per rientrare poi domenica sera. Durante il viaggio in moto, le solite disavventure, dovute alla pioggia torrenziale, alla strada divenuta come del sapone, alle cadute, alla notte passata alla meglio in una capanna... Cose che ormai non fanno più notizia... Ma, a dire il vero, io non mi ci sono ancora abituato. Così come non mi sono ancora abituato a certe forme di indolenza.
Durante il viaggio di andata, mi ero rifugiato sotto una tettoia, affollata di gente che cercava un riparo dalla pioggia. La strada, diventata un vero torrente, stava per aprire l'ultimo argine, minacciando la tettoia e tutti i rifugiati.
Alla fine, un bravo papà si decide a prendere un badile e spostare i centimetri cubici sufficienti per impedire al torrente di allagare tutto il rifugio. Domani qualcuno penserà a tracciare un canaletto per convolgiare l'acqua ed evitare così che tutto sia allagato?

Fa' freddo. In un cantuccio, lontano dal fuoco, esposto alle folate di vento, un bambino di forse due anni, mezzo nudo, è in braccio a sua mamma. Continua a piangere e tossire. Ha una brutta bronchite. Qualcuno lo curerà?...

A Nduye, dopo la messa, ho voluto fare alcune foto soprattutto alle nostre scuole. Gli amici del CESVI di Bergamo vi hanno lavorato per diversi mesi (grazie!) ed ora tutto l'insieme sta assumento un aspetto più dignitoso, più "serio". Ve ne propongo alcune: sono abbastanza eloquenti anche senza troppo spiegazioni.
Lo saranno molto di più per il nostro amico Gianluigi, che ha passato in questi posti due anni di volontariato entusiasta, quando era ancora "verde". Li rivede ora, dopo tanto tempo, fra sospiri, lacrime e...speranze.
E la speranza ce l'abbiamo dentro anche noi: a causa di quello che si è cominciato a fare; a motivo dei lavori di rifacimento della strada che, ci assicurano, inizieranno in questi giorni; a motivo della comunità di suore disposte ad andare ad abitarvi al più presto; causa soprattutto di Padre Bernardo, che ci è vicino più che mai e che continuerà ad aiutarci per continuare la sua opera.
P. Dino

lunedì 19 ottobre 2009

Ca' Trenta: pranzo missionario. Una bella tradizione..da imitare


In occasione della giornata missionaria a Ca'Trenta (Schio) si organizza ogni anno il pranzo missionario. Un pranzo frugale, di solidarietà.

Per questa occasione avevo inviato questo messaggio (non pubblicato sabato...per non creare intasamento sul blog). Questo ritardo permette di pubblicare alcune foto scattate durante il pranzo.


Cari amici,

vi mando volentieri, anche a nome di padre Dino, un pensiero che vi assicuri la nostra vicinanza e il nostro ringraziamento in occasione della giornata e del pranzo missionario.



Non ho difficoltà a pensarvi tutti riuniti in un clima di fraternità, di gioia, di frugalità. Grazie per il vostro pensiero e la fedeltà a questa tradizione. Ci sembra di sentire da parte vostra questo messaggio: “continuate, vi siamo vicini e facciamo tutto quello che possiamo per darvi una mano”.



E noi come al solito vi assicuriamo che non abbiamo nessuna intenzione di mollare, anche se la strada è quasi sempre in salita e probabilmente lo sarà fino al traguardo.



In questi giorni, mentre Dino è rimasto a Mambasa, sono a Kinshasa per due motivi: accompagnare e aiutare un Monsignore di Milano che vuole iniziare qui a Kinshasa un convitto per studenti universitari che ha come obiettivo la formazione di una elite laica e cristiana; e, secondo scopo, contattare la autorità scolastiche per trovare una soluzione al problema del salario degli insegnanti. Spesso nella mia corrispondenza e sul blog parlo di questo dramma: la situazione tragica della categoria degli insegnanti. Come al solito finora ho avuto promesse. Volevo vedere il Ministro, ma è assente. Forse è meglio così. Ho parlato invece a lungo con il Coordinatore nazionale delle scuole cattoliche. Un bell’incontro, con momenti di vera emozione. Ho intravisto in lui un uomo integro, coraggioso, che non esita a denunciare le ingiustizie, la corruzione e che domanda alla gerarchia ecclesiastica di essere a fianco dei poveri, degli sfruttati.



Ma è solo, ignorato e costretto al silenzio. Sono uscito dal suo ufficio triste,- mi ha infatti aperto gli occhi sulla ipocrisia delle autorità”- ma nello stesso tempo, contento che ci siano persone come lui. Gli ho espresso la mia solidarietà e gli ho promesso che lo sosterrò nelle sue iniziative.



La strada è ancora tanto lunga. A volte potremmo domandarci se vale la pena di stare qui, vista l’immensità del lavoro, i nostri limiti e le … sorprese. Proprio poco fa ho ricevuto da Dino questo sms: “Silvano, fra due ore parto per Nduye. Prima devo darti una notizia non bella: i ladri sono entrati in stanza tua, dall’apertura della finestra in alto. Non posso dirti che cosa abbiano preso…”



Un piccolo shock …ma ci scuotiamo e andiamo avanti, verso una tappa importante della vita della missione di Mambasa: alla fine dell’anno festeggeremo il 50° della fondazione della parrocchia. In così poco tempo quante cose belle! (anche grazie a voi!). La gente lo sente e si sta preparando con entusiasmo e gratitudine a questo “compleanno”.



Vorrei che noi tutti pensassimo soprattutto a questo: ai frutti che il Vangelo, pur fra mille difficoltà ha donato e al cambiamento che un po’ alla volta si sta operando nella vita della gente. Questo ci fa dimenticare la stanchezza, le amarezze e le ingratitudini e ci assicura che siamo sulla strada giusta. Se ne dubitassimo basterebbe riascoltare le parole del Vangelo di oggi:” Fra voi non sia così. Colui che vuole essere il primo sia il servo di tutti; infatti il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita per la salvezza di tutti”.


Quindi: “grazie! e, assieme, sempre avanti!” – Un saluto speciale a don Primo, a don Felice , al Gruppo Missionario e voi tutti presenti in questa sala. Che Dio benedica voi e i vostri cari. E ricordateci anche nelle vostre preghiere, sapendo che voi avete un posto privilegiato nel rosario che recitiamo in questo mese davanti alla Madonnina del tronco.

P. Dino e p. Silvano.

foto: due momenti del pranzo missionario: pranzo e lotteria (foto Gino Dal Santo)

sabato 17 ottobre 2009

SUONA LA CAMPANA


E' un concerto di campane pieno, allegro, robusto, che vorrei suonare al nostro caro Giando per l'eco immediata, spontanea, molto concreta, che ha dato a quel "squillo di campana" che è rintoccato sul blog dell'altro giorno.
Grazie, Giando "Te si proprio un toso de oro".
Dopo averti letto, mi è venuto subito in mente di andare a fotografare la campanella che si trova davanti alla nostra chiesa parrocchiale di Mambasa.
La foto non è granché, perché fatta sull'imbrunire e perché la campanella è avvolta da ogni parte da folti rami di un albero divenuto ormai selvaggio. Ma, a guardarla, si capisce subito che questa "specie di campanile" ha fatto ormai il suo tempo e invoca a gran voce di essere sostituito da qualche cosa di più dignitoso.

Abbiamo già un'idea a chi possiamo rivolgerci per avere un buon progettino in base al quale costruire un vero campanile . Sempre guardando questo "patibolo" dove si trova impalata la nostra campanella, mi è venuto da pensare ai bei campanili dei nostri paesi. E, neanche a farlo apposta, guardando fra le foto della scorsa estate, me ne è venuta sotto gli occhi una, non eccellente purtroppo, ma che può fare al nostro caso.
Una foto molto significativa soprattutto per Silvano e per me: una foto della chiesa e del campanile di Monte Magré, il nostro paesello natio.
La guardiamo, questa foto, con un po' di nostalgia e tenerezza, ma anche con gioia e soddisfazione: le nostre radici si trovano lì, ed è da queste radici che cerchiamo di fare dei buoni trapianti qui a Mambasa.



Un'aggiunta: l'altra sera ha telefonato Monsignor Kataka Gennaro, vescovo di Wamba. Ci proponeva di cambiare la data della celebrazione del Cinquantesimo Anniversario della nostra parrocchia.
Questo, per due motivi: primo, perché il 6 dicembre data da noi scelta) cade durante l'Avvento e questo tempo liturgico non è indicato per fare delle celebrazioni solenni e festose. Secondo, perché, il 6 dicembre lui è impegnato altrove e non potrebbe venire. Si capiva che ci tiene ad essere presente. E ci teniamo anche noi. Ci ha proposto di fare la celebrazione il
gennaio 2010.
Avremo più tempo per fare le cose con più calma e meglio.
P. Dino.

mercoledì 14 ottobre 2009

Cronaca di una settimana...(continua)



Il sedile del camion (militare!) non è certamente il luogo ideale per continuare il sonno interrotto bruscamente. Ma ci provo. Che frustrazione. Quando la testa sta per crollare, una buca fa tremare camion e passeggeri o una frenata brusca ti proietta contro il parabrezza. Si avanza lentamente anche perché la strada si fa scivolosa a causa della pioggia che arriva all’improvviso. Ci fermiamo per sistemare i poveri passeggeri che si coprono alla meno peggio contro questo nubifragio.


Mi spaventa il fatto che davanti a noi ci sono 530 kilometri, ma non c’è altro da fare che prendere tutto con filosofia. Visto che non posso leggere, dirò rosari in serie. E’ quello che faccio.


Per fortuna il camion va, lentamente, ma va. Ho paura che Zacharie, dopo una notte così corta abbia delle tentazioni di sonno, ma mi accorgo che è ben sveglio.


I villaggi si susseguono, Tobola, Banana. Epulu, Salaté, Molokayi, Badengayido, Bafakowa, Niania. Una sosta per fare una foto della tomba di don Giacinto Toneatto, pioniere della parrocchia di Mambasa di cui fra poco celebreremo il 50° di fondazione. (vedi foto)

Si continua e arriviamo a Bafwasende verso le 10. Una sosta per scaricare quanto abbiamo portato per il parroco di questo grosso centro e per visitare la nuova chiesa per la quale abbiamo collaborato, mandando trattore e camion per il trasporto dei mattoni, pietre, sabbie a mandando da Mambasa circa 40 metri cubi di legname da lavoro. Il parroco non c’è per cui continuiamo quasi subito, dopo aver comperato, soprattutto per i passeggeri qualche beignet (frittelle cotte con l’olio di palma). Sarà per oggi, colazione e pranzo.


Dopo 20 km, ad un tratto, i miei occhi si incontrano con quelli di Zacharie: sentiamo un rumore strano sotto il camion. Zac, come lo chiamiamo familiarmente, e il suo aiutante verificano e concludono che un cuscinetto della trasmissione anteriore è consumato. Tranquillamente smontano l’asse e avanziamo senza problemi verso Kisangani con la trazione posteriore. Il camion nonostante questa” mutilazione” corre veloce perché la strada è buona, migliore che nel primo tratto.


Quando crediamo che i problemi siano finiti, una sorpresa sgradita proprio alle porte di Kisangani.Una lunga fila di camion è stazionata sulla destra della strada. Polizia, soldati, agenti della sicurezza, e un numero imprecisato di figuri loschi e indefinibili perché senza divisa, ci accolgono in malo modo e in poche parole ci dicono che dobbiamo scaricare il camion perché stanno entrando delle armi a Kisangani. Ma, se proprio non vogliamo scaricare e accettare la verifica basta pagare 20 $!


Penso a padre Sam che diceva: “Il Congo comincia dove finisce la logica”. Zaccaria dice che non ha soldi e quindi scaricherà il camion. I soldati, i poliziotti continuano a girare attorno al camion e mi guardano ad ogni passaggio. Faccio finta di essere assorto in altri pensieri.


Facciamo scendere i passeggeri increduli: due vecchie mamme con i loro nipotini che vanno a Kisangani, un handicappato serio che cerca di raggiungere dei parenti a Kinshasa. Togliamo il tendone e Zac apre alcuni sacchi. I soldati e soci sono contrariati vedendo che si tratta di fagioli. Delusi, ci lasciano partire; tutti gli altri camion restano là fermi. I rispettivi chauffeur, a cui i nostri amici hanno proposto il dilemma: o scaricare o pagare 80 $, hanno reagito in silenzio, dirigendosi tranquilli e con andatura scanzonata verso una rivendita di libondo, (vino di palma) e hanno cominciato a bere allegramente. Non so come sia finita questa sceneggiata!


Certo, sono contrariato perché abbiamo perso più di un’ora; entriamo a Kisangani quando fa buio e accompagniamo i vari passeggeri il più vicino possibile alle loro destinazioni.


Finalmente dopo aver fatto il buon samaritano soprattutto nei confronti del profugo handicappato, arriviamo alla Maison Sacré-Coeur. Padre Wilson sente il rumore del camion e non resiste. Esce dalla cappella e ci accoglie con grida e abbracci ancor più calorosi del solito. Penso che la vista del camion, con la sua bella scritta: Prêtres du Sacré-Coeur KISANGANI lo abbia un po’ eccitato. Non ci sono dubbi. " Il camion è qui, e guai a chi lo tocca!"

(continua...)

lunedì 12 ottobre 2009

LA COMUNITA’ CRISTIANA DI MAMBASA COMPIE 50 ANNI


Il mese di ottobre ha un significato particolare per le comunità cristiane. E’ il mese del Rosario, per onorare e pregare la Madre di Gesù. E poi, ottobre è il mese missionario. Il nostro mese. Mi viene spontaneo pensare a quello che tanti gruppi missionari e tanti amici delle missioni stanno facendo per dare un contenuto concreto a questo mese; gli amici di Curtarolo, in particolare, ci hanno informato di un loro programma, denso di iniziative, incentrato sulla figura del nostro confratello martire Padre Bernardo Longo. Pensiamo a loro e a tanti altri amici che ci sono vicini e ci sostengono. Grazie.

Anche per noi di Mambasa questo mese è un po’ particolare, non solo per le due ragioni evocate sopra, ma anche per un altro motivo: in questo mese, abbiamo cominciato la preparazione immediata alla celebrazione del Cinquantesimo Anniversario della nascita della Parrocchia di Mambasa.

La celebrazione solenne avrà luogo il giorno 6 dicembre 2009. Ma cominciamo già ora a prepararci. Un buon gruppo di animatori si è riunito più volte per programmare una serie di temi di riflessione da proporre a tutti i cristiani.

Questa mattina, come tutti i lunedi, dalle 6h15 alle 7h15 le nostre comunità cristiane (ne abbiamo 23 qui al centro di Mambasa) si sono ritrovate per riflettere insieme sul tema “i frutti di una fede cristiana adulta”. Altri temi sono previsti per le prossime settimane:

  • - la storia della nostra parrocchia;
  • - la figura di Padre Bernardo Longo;
  • - vivere cristianamente la vita familiare;
  • - il fidanzamento;
  • - l’educazione dei figli, in famiglia e a scuola;
  • - diventare autosufficienti;
  • - Padre Longo ci insegna ad amare il lavoro.

Mercoledì prossimo cominceremo a riunire anche alcuni animatori dei villaggi dell’interno, perché vogliamo (e quei cristiani lo reclamano come un diritto), che anche le comunità cristiane più lontane possano partecipare e vivere intensamente questo avvenimento.

Noi cogliamo questa circostanza come un’occasione particolarmente adatta per aiutare la nostra gente ad acquistare una maggiore maturità umana e cristiana.


Ieri, durante la messa domenicale, i cristiani hanno fatto due offerte: una era l’offerta normale che si fa tutte le domeniche; la seconda era per raccogliere un contributo straordinario per la realizzazione delle iniziative legate alla celebrazione del Cinquantesimo anniversario della nostra parrochhia. Questa offerta sarà ripetuta per tutte le domeniche di ottobre. Altre iniziative sono previste per implicare anche finanziariamente la nostra gente.

Abbiamo pensato che questa celebrazione è qualche cosa di straordinario, e deve lasciare un segno duraturo. Un segno nella comunità cristiana anzitutto, e quindi nello spirito della gente. ma un segno anche esteriore, concreto, visibile. E così, abbiamo fatto dei progetti, che intendiamo realizzare:

  • rifare il tetto della chiesa e una parte del soffitto
  • mettere dei banchi al sito Avakubi (luogo delle celebrazioni all’aperto)
  • sistemare la spianata davanti alla chiesa e le adiacenze
  • costruire un campanile, con dentro una campana che abbia una bella voce e si faccia sentire lontano;
  • la Madonna

Come vedete, abbiamo parecchi progetti. Forse siamo un po’ ambiziosi, ma pensiamo che questo non è male, anzi ci sprona a fare di più e a mettere una sana ambizione nei nostri cristiani.

E poi, pensiamo al proverbio che dice: “Aiutati, che il Ciel ti aiuta”. Lo abbiamo sperimentato vero per tantissimi nostri progetti. Non mancherà di farlo, tramite tanti gesti discreti, anche per la nostra comunità cristiana, in occasione del suo cinquantesimo anniversario di fondazione.

Padre Dino



domenica 11 ottobre 2009

Cronaca di una settimana movimentata: da Mambasa a Kinshasa, via Kisangani



- Martedì 6 ottobre. Continua il braccio di ferro. Gli alunni, visto che non c’è altra via di uscita vengono un po’ alla volta a compiere il loro “dovere”. Assisto in silenzio a questo rito, pensando con amarezza all’ingiustizia di cui sono vittime gli insegnanti e i genitori. Ci sarà una soluzione a breve scadenza a questo problema? Me lo auguro.


Mercoledì, 7 ottobre. Abbiamo “l’onore” (?!) della prima visita ufficiale alla scuola del nuovo Amministratore del Territorio = ( sindaco, rappresentante del governo). Si era annunciato il giorno prima, per cui nell’incontro del mattino con gli alunni avevo anticipato il contenuto del mio saluto di “benvenuto”. Avevo detto ai ragazzi che si deve aver il coraggio delle proprie opinioni e non ci si deve nascondere nell’anonimato.


L’amministratore è arrivato quasi in orario, accompagnato da uno stuolo di poliziotti e dai suoi assistenti. I ragazzi sono usciti in fretta dalle loro aule e si sono schierati davanti alla scuola. Presentazione mia e augurio di un buon lavoro. Subito dopo prende la parola l’Amministratore, si presenta e si congratula per la scuola, l’ordine, la tenuta dei ragazzi. E’ il momento dell’alzabandiera e del canto dell’Inno Nazionale. Chiedo scusa e riprendo il microfono. Con calma mi rivolgo al nuovo Amministratore dicendo che le scuole in generale, e quelle di Mambasa in particolare, stanno vivendo un momento drammatico: nessuno o quasi vuole più insegnare e - aggiungo a voce forte - :" hanno ragione!".

Il salario è meno di una elemosina. Una sentinella notturna in una ONG (ONLUS) riceve 90 $ al mese. Un laureato che insegna ne prende meno di 50! Un deputato in un mese prende quanto un insegnante prende in 12 anni! (salario di un deputato nazionale: 6.000 $ al mese; salario di un insegnante: meno di 40 $ al mese). E aggiungo: finora l’amministrazione del Territorio è stata completamente assente.


I ragazzi e i professori seguono in silenzio.


Evidentemente, l’Amministratore non poteva non reagire: per ora ha promesso! Vedremo.


Assieme poi abbiamo visitato la scuola, gli atelier di taglio e cucito, della falegnameria e della meccanica. Sorpresa e complimenti da parte dell'amminsitratore!


Al termine della visita, sul registro d’onore ha scritto:" Ho visto la più bella scuola dell’Ituri, dove i ragazzi possono veramente imparare la teoria e la pratica. Complimenti ai responsabili."


Se questi complimenti si traducessero in opere...


La giornata di mercoledì è stata piena: riunione con il consiglio della scuola per preparare il mio viaggio a Kinshasa. Riunione dei responsabili dei vari cantieri per programmare il lavoro durante la mia assenza.


Preparazione dei dossier, della valigia. Questa sera non si dorme.


- Giovedì, 8 ottobre. E’ quasi l’una quando mi metto, vestito, sul letto. "Non c’è tempo da perdere" (Qualcuno a Milano,sa a chi penso!).

Alle 2 di notte si deve partire. Mi sembra di esserte tornato ai tempi della gioventù!


E qui comincia un’altra storia, bella,!


Diamo anche noi, attingendo dalla nostra povertà!


Cosa è successo?


Visto che abbiamo diversi camion (2 FIAT C 90, un Mirandola e un Mercedes Unimog), ricevuti tutti dalla Provvidenza, abbiamo pensato di darne uno ai nostri confratelli di Kisangani. Servirà per vari lavori, cantieri e trasporti.

In occasione dell'ultima sua visita, il padre Provinciale, p. Wilson, parlando del più e del meno ci aveva manifestato una sua preoccupazione: i nostri cantieri di Kisangani conoscono una grande difficoltà: la mancanza di un camion per i trasporti di sabbia, ghiaia, cemento, e il costo elevato del noleggio. Quasi istantanemanete era scaturita in noi una idea-decisione e gliel'abbiamo espressa: potevamo aiutarlo cedendogli un camion!

E' rimasto un momento in silenzio, stupito, e poi è esploso in una grande esclamazione, molto sonora, di ringraziamento.


Ma non potevamo fare un regalo a metà. Abbiamo mandato il camion a Kasese, in Uganda dove è stato messo a posto: cambiati alcuni pezzi, comperati pneumatici nuovi ed eseguita una bella operazione di chirurgia plastica.

Risultato: un piccolo bijou!

Dato che dovevo andare a Kinshasa, per i problemi della scuola e per incontrare Mons. Antonio Barone, abbiamo pensato di prendere due piccioni con una fava: viaggio a Kisangani - tappa obbligata per andare a Kinshasa - portando il camion “nuovo”.


Non potevamo portarlo vuoto: a bordo c’erano, oltre agli immancabili viaggiatori, anche 40 sacchi di cemento, 20 sacchi di fagioli e patate e cipolle, generi alimentari preziosi per i nostri confratelli di Kisangani ! (Se ci aiutassimo un po' tutti, come sarebbe bello!!!!!)

Nota bene: all'equatore per il troppo caldo e l'umidità non crescono patate e cipolle, mentre crescono bene a Butembo (circa 1500 m. sul livello del mare) e a soli (!) 200 km da Mambasa!

Alle 2, p. Dino mi chiama!

Zacharie, il chauffeur, era già al volante e scaldava il morore. Non avevo sentito nulla!

Un breve saluto. Si parte…



(continua)

foto: il camion, Fiat C 90, offerto dalla comunità di Mambasa ai confratelli di Kisangani, pronto per la partenza, davanti alla Madonna del tronco, a cui affidiamo anche il viaggio! Abbiamo perfino scritto sulla portiera il destinatario: Pretres du Sacré-Coeur - Kisangani!

lunedì 5 ottobre 2009

mattinata grigia...tramonto di fuoco

E' stata dura questa mattina.

Grigiore, fango sulla strada.

Trambusto a scuola.
I genitori, in due assemblee generali avevano accettato di dare un piccolo contributo mensile ( due dollari e mezzo) per aiutare i professori. Dopo un mese di scuola, solo 105 su 65o avevano compiuto il loro dovere. Avevamo dato una settimana di tempo, prevenendo che il lunedì 5 ottobre sarebbero entrati in classe solo...i possessori della ricevuta.

Veramente a malincuore e con tanta tristezza ho chiesto agli altri di ritornare a casa. Non ci sono state contestazioni...ma un clima pesante. Molti indugiavano convinti forse che avremmo cambiato parere...

Purtroppo la situazione si annuncia molto difficile e problematica.

Ho mandato il mio segretario della scuola a cercare degli insegnanti per le scuole elementari. Una scuola, a Niania a 190 km da Mambasa, sulla strada di Kisangani aveva avuto 13 diplomati nella scuola magistrale. Solo due hanno accettato di insegnare. Gli altri sono partiti...alla ricerca dell'oro.


Evidentemente questo clima pesante ha condizionato la giornata. Ma piano piano, senza correre, abbiamo cercato di far fronte ai vari problemi. Sorpresa: ci siamo riusciti...

Comunque vi confesso che al tramonto ero contento.

E poi è arrivato questo spettacolo. Mentre recitavo il rosario davanti alla grotta...il cielo si è infuocato.

Mi sono scusato un momento con la Madonna e ho preso la macchina fotografica di padre Dino (la mia non è ancora riapparsa) e ho cercato di fare il meglio possibile.

Ci sono riuscito?

Certo, un bravo fotografo avrebbe fatto meglio.

Era veramente superbo... avrei avuto piacere avervi vicini (karibu)...

Poi ho ripreso la preghiera del rosario...


foto: tramonto del 5 ottobre

domenica 4 ottobre 2009

Bella eredità mi hai lasciato!


Un messaggio personale al padre Nerio...

In questo momento la Juve sta giocando...e forse tu stai soffrendo.
Coraggio!

Rispondo al tuo commento al post Primo ottobre a Mambasa.

Prima di tutto, grazie!

Poi: ti ricordi, caro Nerio cosa ci dicevamo spesso:"cosa c'è scritto sulla mia fronte?"

Ormai la scritta è indelebile!

Il tuo!-mio? amico Telepakeo ha capacità di trasformazione e inventiva...da vendere: ti sorprende sempre! E sempre con quell'aria di vittima, di incompreso: braccia conserte, collo ripiegato sul lato sinistro, voce melliflua... e in più, ti coglie di sopresa, al momento giusto!

In quindici giorni ha cambiato obiettivo tre volte. Mi ha chiesto: 1°un aiuto per pescare (ami), 2°un aiuto per comperare cani da caccia e fare commercio di carne (antilopi) affumicata, 3° un aiuto per comperare due fusti e fare un "rocò" (frantoio artigianale).
Non ho ancora visto né pesci, né carne...né, tanto meno!, olio...

Nerio, suo figlio e tuo omonimo (per tua sfortuna!) , è un bravissimo giocatore di pallone ma un pessimo alunno.

Non ti dico la media che ha avuto alla fine dell'anno!

Telepakeo sembrava disperato, ma era tutta commedia. Sapeva bene dove trovare il suo figlio il pomeriggio: non certo sul banco dello studio, ma sul prato della missione.

E anche quest'anno (alunno dell'Okapi) lo scenario non è cambiato!

Ma non importa...Sarà contento lo stesso!

Nerio, ti aspettiamo per il 50° anniversario della parrocchia (il 6 dicembre) e sappi che Gianluigi Mazzufferi ti aspetta!

Contiamo sulla tua preghiera...in kiswahili o in italiano, poco importa.

Ciao...e continua a starci karibu.

Ci contiamo!
foto: Nerio davanti alla grotta, poco prima di lasciare Mambasa!

4 ottobre . San Francesco d'Assisi

Sono tornato poco fa da Mandjombo dove, nella chiesa di san Francesco, ho celebrato la Santa Messa.


Non potevo dimenticare i tanti Francesco della mia vita. Non credo di averli ricordati tutti, per cui alla fine ho detto al Signore: “prego anche per quelli che in questo momento non ricordo”. (mi scuserà qualche Francesco...se non si trova nella lista!)


Ho pensato a quelli…

in cielo:

mio papà, i miei nonni (tutti e due Francesco!), mio cognato, Francesco Bozzi di Senigallia, padre Francesco Roelants;


ai Francesco e Francesca: di Magré, (Ciao Cesco!), di Santorso, di Agnadello, di Pieve, di Lecco, di Gorgonzola, di Milano: auguri dr. Francesco Gentile!


Ho pregato tanto...ma c'era un filo di tristezza e di amarezza nella mia preghiera oggi, per cui alla fine sono voluto restare a lungo da solo a pregare e a pensare, nella chiesa diventata deserta, mentre la gente usciva e i ragazzi e le ragazze delle varie associazioni incominciavano i loro incontri, i loro canti, le loro danze.


Perché questo senso di tristezza e di disagio...che mi assale nonostante la bellezza e la semplicità di questa chiesa?


Perché è vuota! Non perché manchi la gente, ma perché è senza banchi! Gli sforzi dei cristiani per il momento sono deboli e i risultati scarsi. Anche oggi ho chiesto ai cristiani di impegnarsi di più...Chiediamo forse troppo?



Durante la Santa Messa i canti festosi non riuscivano a tacitare quel sentimento!


Per fortuna però un'altra parola risuonava spesso nella mia mente: PACE!


Ne è scaturito un impegno: "Semina la pace..." e una preghiera: “Signore, fa' di me uno strumento di pace”. (Sr. Francesco)



Auguri a tutti i Francesco/a!

foto: particolare dell'affresco che si trova nella Chiesa di San Francesco

venerdì 2 ottobre 2009

Primo ottobre a Mambasa!


Erano solo le ore 18, ieri, primo giorno di ottobre.


Ma il cielo cupo, completamente chiuso da cumulinembi faceva pensare a notte fonda. Non ci siamo scoraggiati. Un piccolo gruppo di cristiani, assieme alle suore e ai padri era lì, davanti alla Madonnina del tronco per iniziare, con la recita del Rosario, il mese di ottobre.


Pensiamo di ritrovarci tutte le sere alle 18,10. Sarà un momento, atteso, di sosta, di preghiera dopo una giornata agitata, frenetica a volte, nel silenzio e nella frescura della sera.

Chi è venuto a Mambasa sa che c’è un contrasto forte fra il giorno e la sera. Dalle 7,30 alle 15, la missione è un alveare: circa 1200 ragazzi nella scuola elementare Binase, oltre 650 nell’istituto Bernardo Longo. Il viavai della gente, il lavoro dei meccanici, falegnami, muratori; e il “brontolio” del potente gruppo elettrogeno che fa da sottofondo allo stridore delle piallatrici, al canto delle seghe circolari e al sibilo delle saldatrici o delle mole. E il sole picchia forte.


Dalle 16 in poi è il momento dei bambini che trasformano i prati della missione in tanti San Siro e si agitano, corrono, gridano, si credono Cristano Ronaldo, Kakà, Ronaldinho...


Alle 18, il silenzio, la quiete, la pace. e un' aria diventata piacevolmente fresca. Ti viene spontanea allora questa frase: "Si sta veramente bene a Mambasa!"


Ed è proprio questo il momento che abbiamo scelto, per tutto il mese di ottobre, per l’incontro con la Patrona della Missione: Nostra Signora del Santo Rosario.


Vi diamo l'appuntamento: non è necessario che veniate qui: possiamo trovarci ugualmente assieme.


Sappiate che vi ricordiamo.


Ci farà piacere essere ricordati.


Ave Maria...

foto: ieri durante il Rosario (scusate la qualità...ma è autentica!)