DINGBO. Sono quattro mesi che
p. Gauthier ha visitato questa cappella. Era durante la Settimana Santa. La sua visita precedente rimontava al settembre dello scorso anno. Circa un mese fa’, in via eccezionale il parroco di
Mungbere è venuto a battezzare i catecumeni. Visite rarissime dunque. Ma la comunità cristiana è abbastanza numerosa: prima della Messa, ho confessato una sessantina di cristiani. La preoccupazione maggiore del catechista
Davide e della gente è la cappella. Quella vecchia, con fondamenta e muri in mattoni, uniti da fango e priva di soletta in cemento, è caduta sotto la spinta di un vento un po’ più forte del solito. Attualmente utilizzano una grande “catapecchia”, eretta in fretta e furia e pericolante più del consentito.

Vogliono costruire una chiesetta nuova, solida e grande. Hanno un piccolo deposito di 450 $, consegnato al parroco di
Mungbere.
P. Gian Maria mi ha parlato della della loro disponibilità a seguire i lavori di costruzione: loro sono molto più vicini di noi e la loro strada non è proibitiva come quella che viene da Mambasa. Da noi, i cristiani di
Dingbo si aspettano soprattutto un aiuto finanziario. Vorrebbero costruire anche un dispensario:
P. Gian Maria, medico e in visita regolare all’attuale dispensario, li incoraggia.
MALEMBI, mi dice p. Silvano, era una bella comunità cristiana. Attualmente sopravvive con affanno. La cappella non esiste più da molto tempo; dei pagani nessuno se ne occupa; il catechista sta a guardare. L’ultima Messa è stata celebrata da
don Alessandro… un anno fa’. Ciò nonostante debbo dire che l’Eucarestia, celebrata in un’aula scolastica delle scuole per pigmei costruite da
padre Franco, mi ha commosso. Venticinque persone, bambini compresi, hanno ascoltato, con attenzione e meraviglia, il sacerdote che parlava loro di Dio, Padre e Amico, che ama e cerca ciascuno di noi, soprattutto i più poveri e i più abbandonati. Mi sento in colpa per non essere venuto prima a incontrare questi “poveri di Dio”.
Dei villaggi visitati in questi giorni, solo
NJARO ha una cappella: tre muri e nessuna porta.

Il catechista ha abbandonato la comunità cristiana un anno fa’, senza dire niente a nessuno. La preghiera della domenica è condotta da un cristiano, che non ha nessuna preparazione e non può partecipare ai sacramenti.
ALAMBI è il villaggio del capo. Questi si chiama
Faustino ed è figlio del famoso capo
Sukari, amicissimo di padre Silvano e morto alcuni anni fa’. Faustino mi aspetta a lato della strada e mi obbliga a fermarmi a casa sua. Sotto la capanna in costruzione sua moglie,
Veronica, serve un buon caffè e del miele squisito (luglio è il tempo del miele, e quest’anno ce n’è moltissimo). “
Padre, mandaci un catechista. Io e mia moglie vogliamo fare il matrimonio. Costruiremo la cappella”. D’accordo: il catechista
Pasquale, che mi accompagna, ritornerà qui al più presto per la catechesi di preparazione al matrimonio e per organizzare i lavoro della cappella. Per oggi non celebro l’Eucarestia, ma prossimamente non potrò passare oltre senza offrire a questi cristiani la possibilità di un incontro sacramentale con Gesù.
L’ultima fermata è prevista per
BIASSA, un villaggio a 10km da Nduye. La partecipazione dei cristiani è piuttosto deludente: una piccola tettoia di 3m per 4m è sufficiente per dare riparo al prete e ai pochi fedeli presenti. Molti cristiani sono partiti il mattino presto per il mercato di Alambi, distante 18 km. A Biassa ci sono addirittura due catechisti, ma non si vede proprio che cosa facciano.
Una cosa bella che vi

vo in questi giorni, soprattutto la sera, dopo le attività della giornata, è il sedermi accanto alla gente, davanti alla capanna, giocare con i bambini, accarezzare con gli occhi la mamma che prepara la cena, conversare con il maestro della scuola ORA (scuole per i Pigmei costruite da P. Franco) che ha messo a mia disposizione la sua capanna e il suo letto, vedere gli occhi brillanti di gioia di due fratellini a cui ho donato gli elastici per la loro fionda. E sentire il racconto, pacato e rassegnato, delle loro sventure: il raccolto dei campi nessuno lo viene a comperare, inutile quindi fare dei campi grandi; il dispensario c’è in paese, ma non ci sono medicine; i maestri delle nostre scuole non sono pagati da tre mesi; il vecchio comandante della polizia era stato allontanato perché ci maltrattava troppo, ma quello appena arrivato non ha alcuna pietà di noi; a noi nessuno pensa, la strada si è talmente rovinata che è diventata come una tomba.
Che dire di fronte a tanta miseria? La parola mi si smorza dentro, prima ancora di essere pensata e lascia il posto ad una grande tristezza. Mi sento quasi irriverente nei confronti di questi poveri, quando mi viene da lamentarmi per la strada impraticabile che devo superare. Spero di poter tornare presto per incontrarli ancora?
P. Dino