domenica 27 marzo 2011

Una visita molto...costruttiva!

Sono ripartiti questa mattina, domenica 27 marzo alle 6,10!

Erano arrivati martedì sera, 22 marzo.

L'architetto Pino Toniolo, il dottor Piero Tisato e Gino Dal Santo.

L'architetto Pino è venuto per dare il suo parere e il suo consiglio per il proseguimento dei lavori a Saint Gabriel a Kisangani e per parlare con noi dei nostri progetti: costruzione di una grande cisterna per la raccolta delle acque piovane, la costruzione di una sala polivalente e ...la costruzione di alcune chiese: Mayuano, Epulu, Mambau.

Gino dal Santo è il presidente del gruppo missionario di Ca' Trenta (Schio), molto impegnato nell'animazione missionaria della parrocchia e anche nella raccolta fondi. Proprio oggi si è svolto a Ca' Trenta il pranzo del povero a benificio delle missioni.

Il dottor Piero era il medico della spedizione e ha potuto esercitare la sua professione a vantaggio di un suo compagno di viaggio e anche a benficio di altri pazienti.

Sono stati giorni pieni: colloqui, visite ai luoghi dei futuri cantieri, e...l'immancabile viaggio-avventura a Nduye.

Spero che dopo essersi riposati dalla lunga, fangosa e sassosa via, si facciano vivi sul blog.


Nei loro bagagli avevano anche del materiale per Andrea Sala che così ha potuto dare ancora una volta la prova delle sue grandi capacità tecniche. Ha costruito in pochissimo tempo una ruota dentata in nylon che ha permesso di rimettere in funzione una piallatrice ferma da tantissimo tempo.


Un grazie a voi tutti: Pino, Piero, Gino e Andrea!





Foto in alto: Gino, Piero e Pino (da sinistra a destra) a Nduye.

In basso: in primo piano la ruota "sdentata", in secondo piano, la nuova!

domenica 13 marzo 2011

Cosa può uscire di buono da Mambasa?

(Premessa: è il terzo tentativo di scrivere il post e di spedirlo. La connessione ci sta facendo dei brutti scherzi! E vi confesso che ogni volte il post è più corto e meno elaborato).


In breve: sono tornato quindici giorni fa dal mio viaggio ufficiale a Kinshasa. Sto preparando i vari documenti per far riconoscere le scuole e soprattutto per sollecitare il pagamento degli insegnanti. Penso già di spedire il tutto al Ministro della Pubblica Istruzione questa settimana.


Avvenimenti importanti.
L'8 marzo: Festa delle donne. A Mambasa, di anno in anno la sfilata delle donne acquista sempre più rilievo e si prolunga nella durata. Quest'anno è stata interrotta alle 16 - era incominciata alle 10 - da un uragano, che purtroppo ha spazzato via anche la tettoia delle suore.
Non preoccupatevi! Famba e i suoi coraggiosi falegnami stanno sistemando il tutto, e il dopo sarà più bello del prima.
La ragione della durata della sfilata sta in questa formula : 4 - 3,5! Quattro passi avanti e tre e mezzo indietro e, piano per favore! Così le donne hanno tutto il tempo di sfoggiare i loro vestiti confezionati per l'occasione. La nostra scuola di Taglio e Cucito si sta facendo una fama!
L'8 sera abbiamo offerto il pranzo alle "signore" che insegnano e lavorano nella scuola. Le 3 suore che insegnano (Lisette, Jeannette e Veneranda) non volevano venire perché preoccupate per la loro stanza allagata dalla pioggia che veniva da tutte le direzioni. Sono riuscito a convincerle e il pranzo si è svolto in un clima fraterno e sereno!

Quest'anno nel nostro atelier c'è una persona nuova. Andrea Sala, "profugo" dal Mozambico.
Un meccanico dalle mani d'oro. Ecco cosa è riuscito a fabbricare: una madrevite porta-ganascia per una sega alternativa.
Si lamentava di aver poco materiale. Allora ho mandato...a vari amici una lista del fabbisogno, scritta da lui. Materia prima: bronzo, acciao, rame, ferro...e vari attrezzi per il tornio e la fresa. Sono certo che fra poco da Mambasa usciranno dei capolavori. E aggiungo: se qualcuno vuol dargli una mano ce lo faccia sapere...Un container dovrebbe partire verso la metà di aprile!
Grazie agli amici che ci aiutano e grazie anche a te, Andrea!
Due note che avrebbero dovuto andare nei commenti, ma che inserisco qui per ragioni di visibilità.
1- Paolo Bonaldi, dell'Onlus "Amici della Scuola Apostolica" domanda come può intervenire nel bloc, con messaggi, notizie...Penso che Gianluigi può dargli una risposta.
2 - Per Giando: grazie! Ci hai regalato due notizie fantastiche: la caldaia a legna (spero che servano anche i truccioli di cui la nostra falegnameria è fornitrice inesauribile); e la proposta degli Stati Generali per Mambasa-Nduye. Se riuscite ad organizzare questa assemblea, quasi quasi chiedo per i partecipanti la benedizione di Benedetto XVI° e un telegramma di...Napolitano!

Grazie a voi tutti!
Domani riprendiamo, con coraggio, perché "si sta bene a Mambasa!"



foto: madrevite porta-ganascia per sega alternativa: opera unica di Andrea Sala

lunedì 7 marzo 2011

Cosa ha fatto il CESVI per i Pigmei di Nduye

Mi avventuro a scrivere su cose che conosco pochissimo.
Magari prenderò una cantonata, ma poiché abbiamo dichiarato la nostra intenzione di “aprire” a tutti, di dare la “massima trasparenza” per quello che avviene in Africa, e magari è tutt'ora in corso, spero che almeno i vostri commenti forniranno le dovute precisazioni. Se poi qualcuno volesse pubblicare uno o più post sull'argomento non ha che mandarli a p. Silvano, a p. Nerio o a me. Saranno subito messi in rete.

Circa tre anni fa si è accennato ad un consistente finanziamento da parte di un noto istituto di credito del Nord. Avrebbe dovuto servire per le scuole dei Pigmei, nella regione di Nduye. Solo per raccogliere le immagini un fotografo professionista fu ospite della Missione per quasi un mese: sembrava indispensabile un consistente apparato iconografico. Poi il silenzio. Qualche mese fa sono andato a curiosare sul sito di questa importante ONG che mi sembrava fosse in ballo: il CESVI. Ho trovato ben poco e potete anche oggi vederlo qui. Letteralmente c'è solo una riga: “ Nell’area di Nduye la ricostruzione della scuola locale mira all’integrazione delle comunità Bantu e Pigmee.

Troppo poco, a mio avviso, per giustificare una grossa cifra di xxx mila Euro. Vero?
Ho scritto quindi un paio di volte al CESVI. La seconda volta mi ha risposto Luca Fumagalli che ha ampiamente coinvolto (!) p. Silvano, come si può leggere di seguito:” ... si tratta di un progetto che abbiamo realizzato in partnership con la diocesi di Mambasa, supportando il lavoro di Padre Silvano, un missionario impegnato da 30 anni in Congo.
Come Cesvi ci siamo occupati della riabilitazione di alcuni edifici scolastici presenti nell'area di Nduye, con lo scopo ultimo di favorire l'accesso scolastico della comunità pigmea e l'integrazione con la popolazione bantù.
La consegna dei lavori è già terminata. Ora siamo in contatto con Padre Silvano per valutare ulteriori bisogni.
Al momento ho a disposizione un reportage fotografico sui lavori eseguiti (realizzato all'inizio del 2010) e una ricerca antropologica svolta per valutare preventivamente la fattibilità del progetto... “
Al mio riscontro, che chiedeva “altri dati, documenti, articoli”, nulla però è seguito.



Ho cercato in rete ancora ed ho trovato quanto riporto di seguito:

Cesvi e Credito Bergamasco per i Pigmei del Congo
A scuola di diritti umani. Con questo appello ha preso il via nel dicembre scorso (2007 NdR) una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi voluta dal Credito Bergamasco per sostenere la popolazione pigmea del Congo orientale, per tutti testimonianza di una millenaria armonia tra uomo e natura, eppure a rischio di estinzione culturale. Al centro del progetto umanitario affidato al Cesvi c’è la realizzazione di una scuola tecnica professionale grazie alla quale la comunità pigmea della zona di Nduye possa sviluppare attività generatrici di reddito durature, dall’apicoltura all’artigianato. «Questo progetto sostiene l’autosufficienza dei Pigmei garantendo loro l’accesso all’istruzione ma, allo stesso tempo, insegna molto anche a noi», commenta Giorgio Papa, Direttore Generale del Credito Bergamasco. «La storia del popolo pigmeo - uno dei più antichi sulla terra – ci invita a riflettere sul delicato equilibrio tra uomo e ambiente e sull’arricchimento che deriva dal rispetto e dalla convivenza con culture diverse dalla nostra. Con una visione educativa e partecipativa, il Credito Bergamasco ha deciso non solo di finanziare la realizzazione della scuola, ma di coinvolgere clienti e dipendenti nella raccolta di fondi per l’avvio delle lezioni e la continuità del progetto. Per questo motivo è aperto il conto corrente n. 40.000 intestato al Cesvi presso la nostra filiale di Milano di piazza Missori, sul quale tutti possono versare il proprio contributo». «Siamo particolarmente grati al Credito Bergamasco, che ci sostiene con un generoso contributo diretto e allarga la scommessa alla propria comunità di collaboratori e clienti», sostiene Giangi Milesi, presidente del Cesvi. «La scuola sarà indirizzata agli studenti pigmei, ma non sarà frequentata esclusivamente da loro; i corsi saranno aperti sia ai ragazzi pigmei che bantu, allo scopo di permettere la conoscenza e il superamento delle barriere esistenti tra queste due popolazioni. Alla scuola verranno affiancati un dormitorio, un refettorio e un laboratorio, indispensabile, dal momento che le lezioni saranno basate soprattutto su attività pratiche e manuali. La fase preliminare del progetto, attualmente in corso, è lo studio antropologico da cui deriverà l’offerta formativa, unica nel suo genere sia perché si svolge nel cuore della foresta sia perché per la prima volta gli stessi insegnanti saranno Pigmei».“

E' giusto saperne di più? Per noi sarebbe meglio “coram populo” anche sulle pagine di questo blog.

giovedì 3 marzo 2011

Un buco nell’acqua per iniziare

In Congo, dopo anni di guerra, si cerca l’acqua e si provano strategie inedite di sviluppo: cooperative, filiera corta, autorganizzazione. Merito di un’alleanza tra cooperazione internazionale e missionari

MAMBASA è su un altopiano senza montagne; lo chiamano villaggio, sebbene conti una popolazione di 40 mila abitanti circa, tra centro e periferie. Siamo nell’area amministrativa di Ituri nella Repubblica Democratica del Congo, in piena foresta, tra Uganda, Ruanda, Burundi e la regione dei grandi laghi africani. Adusa, la città più vicina, dista due giorni di jeep e il contesto è di estrema povertà, legato a un’agricoltura di sussistenza (riso, manioca e poco più) e all’unica strada importante che passa proprio lì accanto. Un sistema sociale ed economico bloccato, anche per la difficoltà di reperire acqua potabile. Eppure qualcosa è cambiato positivamente nell’ultimo quinquennio, a partire proprio dalla ricerca di soluzioni per le carenze idriche.


I guardiani dei pozzi

«Arrivai a Mambasa nel 1989, quando ancora non c’era piena consapevolezza del problema dell’accesso all’acqua. Abbiamo cominciato ad affrontarlo con la pesante siccità del 1992-93, scavando il fondovalle. Ma è acqua inquinata e va fatta decantare, bollire e sterilizzare. E purtroppo non siamo ancora riusciti a far penetrare nella cultura locale l’abitudine di bollire l’acqua ». Così racconta Silvano Ruaro, padre dehoniano italiano, responsabile della missione di Mambasa, nonché preside dell’annesso complesso scolastico in cui circa 600 ragazzi frequentano la scuola media, la scuola professionale di taglio e cucito, di falegnameria e di meccanica-auto, un istituto tecnico di meccanica generale, un liceo scientifico e uno magistrale. Per risolvere le difficoltà di approvvigionamento idrico del “suo” centro educativo e religioso padre Ruaro, dopo una serie di tentativi poco efficaci, si è rivolto a Ingegneria senza frontiere (Isf-Mi), organismo non profit legato al Politecnico di Milano e in attesa di essere riconosciuto come Ong. Un intervento, quello di Isf-Mi, che, a partire da un’accurata analisi delle acque e dei terreni, si svolge dal 2005 all’insegna di buone prassi e di un alto tasso di coinvolgimento della gente del posto. «Per la realizzazione dei pozzi e degli impianti abbiamo puntato innanzitutto su “tecnologie a filiera corta”, cioè che riducessero la necessità di riparazioni e di approvvigionamento dei pezzi di ricambio attraverso processi di escavazione attuati con ferro di recupero e legno; inoltre abbiamo voluto sfruttare il più possibile le competenze del luogo, ovvero i docenti della scuola di meccanica e dell’istituto tecnico. Così abbiamo allestito 9 pozzi per circa 15 mila abitanti e costituito un Comitato di gestione e manutenzione (anche per poter ridurre le nostre visite periodiche sul posto), formando dei tecnici e organizzando ogni comitato con 8-9 persone ciascuno (un presidente, un tesoriere, un guardiano del pozzo)». Il comitato costituisce infatti un raccordo tra la popolazione e la sostenibilità economica del pozzo, e risulta un organo di democrazia locale efficace, capace di produrre formazione nella gestione amministrativa e partecipazione dal basso: basti pensare che la decisione di far pagare l’acqua (circa 2 centesimi di euro per barile da 20 litri) è stata frutto di una discussione comune, sviluppata dalla necessità che il sistema dei pozzi avesse risorse proprie e condotta da persone con un reddito medio di 10-15 euro/ mese. Risultato: in 6 mesi i pozzi hanno raccolto tremila dollari, utili ad implementare il progetto, programmare riparazioni, concepire l’idea di un comitato dei comitati per attuare sinergie ed economie di scala. Un bel salto di qualità, raggiunto grazie all’autorganizzazione e a un rinnovato – da poco – rapporto con le autorità locali e nonostante le recenti politiche per l’acqua imposte in modo indifferenziato dalle Nazioni Unite e perciò fallimentari.


Cooperazione familiare

Senza frontiere sono gli ingegneri, ma anche i veterinari. E all’attività di Isf-Mi si è aggiunta ora a Mambasa anche l’opera di Veterinari senza frontiere (SiVtro-Vsf Italia onlus) e, in particolare, di un progetto guidato dalla dottoressa Annagabriella Di Pasquale, sorella di Gianluca, studiato per dotare la popolazione – soprattutto femminile – di strumenti di sviluppo e risorse attraverso una migliore organizzazione del piccolo allevamento. «La cosa più difficile è stata insegnare alle donne a lavorare insieme, e i concetti di cooperativa e lavoro comunitario, in un contesto segnato invece da un forte individualismo e radicate invidie personali. Il secondo ostacolo è stato l’analfabetismo femminile diffuso», dice Annagabriella. Tuttavia i risultati oltrepassano forse gli obiettivi originari. Dopo due anni di analisi sullo status dell’allevamento locale e delle esigenze degli abitanti e altri due di intensa formazione sul posto, sono nate infatti le prime tre esperienze pilota di cooperative femminili per l’allevamento delle galline. Da tre che erano, le cooperative di donne sono però già diventate cinque tramite l’autocoinvolgimento e la formazione reciproca: due producono uova per la schiusa e vendono pulcini; due producono e vendono uova; la quinta alleva polli da ingrasso; tutte, in comune, dispongono di un’incubatrice e un piccolo laboratorio veterinario, e fanno formazione specifica in campo avicolo agli studenti usciti dalle parauniversità locali: per Mambasa non è quindi più necessario comprare dall’Uganda i pulcini, destinati oltretutto a morire in gran numero in assenza dei richiami delle vaccinazioni. L’ultimo passo da compiere, ricorda Annagabriella, è ora rendere le cooperative «completamente autosufficienti dal punto di vista economico: sebbene, infatti, il 50% della vendita di polli e uova vada a ogni singola cooperativa e il restante 50% venga messo in una cassa comune (rack) e usato per acquistare mangimi (mais, soia, farine...), la rack è talvolta integrata ancora dai contributi di SiVtro Italia». Sostenibilità finanziaria a parte, il successo del programma è però testimoniato sia dal diradarsi delle visite dei veterinari italiani in loco che dall’interesse per il modello cooperativo di Mambasa mostrato da famiglie giunte da altri villaggi. E poi, conclude la dottoressa Di Pasquale: «Ho chiesto alle donne se e come hanno sentito l’impatto del progetto sulle famiglie: ora dicono di avere più risorse per la cura dei figli e la scuola, con una migliore alimentazione e una piccola entrata extra, utile magari per viaggi fuori dal villaggio. Cose importanti!».

Corrado Fontana

riproduzione autorizzata dall'Autore; articolo tratto da Valori