domenica 22 giugno 2008

15-22 giugno: una SETTIMANA ...da non dimenticare!



Non mi sarà facile dire in poche righe quanto è successo in questa settimana. Apparentemente, alla missione, tutto si è svolto secondo la norma, con qualche viavai un po’ strano.

Poi, apparentemente, tutto è ritornato come prima.
L’immagine che mi viene spontanea è quella del contadino che va nel campo, prepara la terra, semina e se ne va. Tutto sembra finito e invece tutto sta per cominciare.

Domenica 15 giugno.


A Nduye c’è più movimento del solito. Padre Giovanni Piumatti è venuto a rendersi conto dell’evoluzione della colonia degli Waibrahimu. Ricordate il messaggio del 15 maggio? Ebbene, dopo un mese il Buon Pastore è venuto a trovare le sue “pecore”. Un incontro emozionante e ricco di prospettive. Si è reso conto che i “suoi” non vogliono più tornare indietro, neppure per un piccolo periodo di vacanza. Stanno preparando i campi, a giorni semineranno fagioli, mais, patate dolci, manioca e riso.
Padre Giovanni è riuscito a far funzionare una radio che si trovava alla missione e così hanno stabilito un contatto con i loro familiari rimasti sulle montagne, a Muhanga.
Non tutti erano abituati a maneggiare il microfono, ma non era una emissione televisiva o radiofonica: si poteva sbagliare, ridere, parlare nello stesso tempo; alla fine tutti si capivano.
La privacy per una volta era lasciata da parte: parlavano con schiettezza alle loro mogli e ai loro figli. Il contenuto era lo stesso: "ci mancate, ma non torniamo, anzi aspettiamo voi. Venite presto. Stiamo costruendo la casa e preparando i campi. Vi aspettiamo per la fine di luglio."
Padre Giovanni sta vivendo un piccolo dramma: dove andrà?
“Se la gente si sposta in massa, verrò a Nduye”!…
Io lo spero.
Era venuto a Nduye con alcuni uomini e alcune mogli degli “emigranti”.
Mi aspettavo scene dolorose, lacrime, al momento della partenza.
Invece ho visto dignità, determinazione. “Andate a dire che stiamo qui e che vi aspettiamo; di qui non ci muoviamo”.
Sono certo che il messaggio è arrivato e che fra poco un altro gruppo scenderà dalle montagne e andrà a raggiungere gli Waibrahimu di Nduye.


(foto: padre Giovanni a Nduye con la sua gente!)


Lunedì 16 giugno.

Padre Giovanni deve tornare perché mercoledì avrà un matrimonio a Muhanga.
Io dovevo andare a Bunia per risolvere alcun i problemi dei lavoratori e della scuola.
Partiamo assieme, alle 6 del mattino.
Per un tratto facciamo la stessa strada. Attraversiamo il fiume Ituri con la macchina.

Dopo 15 mesi dal crollo del ponte (non si ancora fatto nulla per ripararlo)qualche barcaiolo intraprendente ha costruito delle grosse barche e così possono traghettare i piccoli veicoli, a rischio e pericolo del loro proprietario. Questo stratagemma ha già dimostrato una certa sicurezza, per cui anche noi ci fidiamo.
Le manovre sono sempre un po’ movimentate e turbolenti: si passa dalla discussione accesa sul prezzo del traghetto, al diritto di precedenza e per finire si entra nella barca affidandosi alla maestria e alla incoscienza dei tiratori della fune. Si vive tutto con una certa ansia, con buonumore e fatalismo.
Ci è andata bene.
A Bunia incontro i responsabili della scuola, l'Ispettore del lavoro, il Vescovo di Bunia e la Superiora generale delle Suore Servantes. Tutto in fretta perché domani devo già essere a Beni.

(foto il passaggio del fiume Ituri)

Martedì 17 giugno.

Dopo aver completato il giro delle visite previste nel programma, verso le 11 parto per Beni. Nel pomeriggio deve arrivare da Kisangani il padre Provinciale, p. Wilson e il suo consiglio.
Li abbiamo invitati a Mambasa perché abbiamo 3 problemi importanti da trattare e ci sembra utile la presenza di tutto il “governo”provinciale nella nostra comunità, affinché tutti possano esprimersi.
Il viaggio è un po’ una corsa a cronometro, con un pizzico di suspense: gli orari degli aerei in Congo sono sempre approssimativi. Grazie al telefono ci teniamo in contatto.
Questa volta l’aereo ha avuto solo due ore di ritardo, mentre di solito ne ha 4 o 5. Per cui, quando arrivo a Beni trovo i cinque padri (a dire il vero sono sei perché è sceso dalla montagna anche padre Nerio) seduti in un piccolo ristorante.
Ci salutiamo e ci organizziamo subito per la partenza per Mambasa.
E’ quasi notte, ma non ci sono altre alternative.
Giovedì devono già tornare a Beni per prendere l’aereo del venerdì mattino per Kisangani.
Partiamo alle 17 e arriviamo a Mambasa alle 21.
Dopo cena, “visto che non c’è tempo da perdere” cominciamo subito a trattare dei progetti che ci stanno a cuore. Una carrellata!
La notte porterà consiglio!


Mercoledì 18 giugno

Alle ore 9 la comunità (Dino, Gauthier, Jean Paul e Silvano) si incontra con il padre Provinciale e il suo consiglio (Wilson, Matteus, Albert, Pontien e François).
All’ordine del giorno i 3 soggetti che hanno motivato questa “spedizione” straordinaria, unica nella storia della missione di Mambasa.
1 – l’acquisto di una vecchia piantagione di caffè appartenente a un greco. Si tratta di un terreno (ormai invaso dalle erbe) di circa 200 ettari, con alcuni edifici nella piantagione stessa e due qui in città.
Visto che questa piantagione non è molto lontana i membri della delegazione vanno a fare un sopraluogo rapido.

2 – L’accettazione o meno di un’opera nuova a Kinshasa che consiste nella direzione e gestione di un pensionato universitario a favore di giovani studenti che si impegnano a esercitare la loro professione in uno spirito cristiano e che vogliono essere a servizio della Chiesa.

3 – La ripresa della missione di Nduye e l’orientamento che si vuole dare a questa nuova partenza.

Il dialogo è stato aperto, franco. Sono emerse anche le difficoltà: economiche e soprattutto di personale.
Ma tutti eravamo animati da tanta speranza e ottimismo.

Alcuni membri del Consiglio non avevano mai visto la missione di Nduye.
E allora, di nuovo in macchina per una visita lampo, ma molto significativa per noi, per la gente e soprattutto per il capo-villaggio. Il Consiglio Provinciale dei Preti del Sacro Cuore si sposta da Kisangani a Nduye: il capo non credeva ai suoi occhi e alle sue orecchie. Il suo appello era di una semplicità estrema, quasi ingenua: "ritornate qui, fate qualche cosa per questa gente e soprattutto per i Pigmei."
Mi è sembrato di percepire tanta emozione negli occhi e nelle parole di alcuni padri quando, assieme al capo abbiamo visitato un villaggio di Pigmei.
(foto: i padri del Consiglio provinciale a Nduye, con l'immancabile capo!)

Giovedì, 19 giugno

In mattinata, il padre Provinciale, p. Wilson, si incontra con i membri del suo Consiglio.
Il nostro compito è finito. Abbiamo parlato, espresso il nostro parere. A loro di decidere. Ci faranno conoscere le decisioni dopo il loro rientro a Kisangani.

Alle 14 ripartono per Beni. Noi li ringraziamo per questa loro visita breve, ma fruttuosa e significativa. Ci auguriamo che questi comunitari e collegiali si ripetano nel futuro, soprattutto quando la strada per Kisangani sarà di nuovo aperta.

Subito dopo la loro partenza arrivano due volontari del Cesvi (Cooperazione e Sviluppo) una ONG italiana di Bergamo, che vuole collaborare con noi per la riabilitazione delle scuole e degli atelier di Nduye.
Si tratta di Vincent Annoni e di Simona Forconi.
Simona vuole restare un mese a Nduye e osservare i Pigmei per cercare di capire quale sia il metodo migliore per un aiuto e soprattutto per una scolarizzazione che non sia imposizione e che tenga conto della loro cultura e delle loro tradizioni.
Per cui…(segue)


Venerdì 20 giugno

Altro viaggio a Nduye con Simona e Vincent : 3 in 6 giorni (senza contare il viaggio: Mambasa-Bunia-Beni-Mambasa = circa 600 km!).
Di nuovo visita alla missione, alle scuole, incontro con le autorità. Meglio prevenire che guarire.
E ancora una volta, giunti sulla spianata davanti alla casa del padre Longo, sento queste parole dalla bocca di Simona: fantastico!
Ma c’è tanto da fare: non vorrei che qualcuno si scoraggiasse.
Mi consolano le parole che aveva scritto Vincent in occasione di una sua visita precedente:
"Ciao a tutti! come direbbero qui in Congo, rispondo al nome di Vincent Annoni. Lavoro a Bunia per il CESVI ed eccomi in visita con Padre Silvano alla missione di Nduye, passando per quella di Mambasa. Forse lo sapete già, ma assieme, grazie all’aiuto del Credito Bergamasco, stiamo immaginando un nuovo avvio per le scuole di Nduye e per aiutare le popolazioni pigmee della zona. L’immaginazione e l’entusiasmo ci porteranno, lo spero e ne sono convinto, ad un nuovo capitolo di questo luogo affascinante, cosi come il lavoro e la collaborazione ci condurranno a traguardi importanti. Un caro saluto a tutti."

(foto: con Vincent a Nduye)


Sabato 21 giugno

(un pensiero e una preghiera per i tanti Luigi, Pierluigi, Gianluigi, Luigino, Luigina!: auguri!”)

Anche oggi giornata piena.
Vincent torna a Bunia. Simona resta e si prepara per ritornare a Nduye lunedì o martedì prossimo. Evidentemente l’accompagnerò.

Riunione con i professori per un primo scrutinio: lavoro delicato che affrontiamo sempre con un po’ di tensione. Passare al vaglio i risultati di 650 alunni non è facile visto anche il sistema complicato, macchinoso che hanno lasciato in eredità i nostri amici belgi: ci vuole veramente la calcolatrice per fare questo lavoro e nonostante questo ci sono sempre degli errori.

Ma ci sono anche le cose belle: alle 13, pranzo con i muratori e i falegnami: siamo arrivati a un buon punto nella costruzione del secondo edificio dell’ospedale (al cordolo sopra le finestre e le porte) per cui ci concediamo una pausa ben innaffiata: birra, libondo (vino di palma) e bevande non alcoliche (queste sono meno apprezzate!)

Inoltre c’è, in stalla, un fiocco rosa: è nata un’asinella!
Appena l’ho vista mi è balenato in testa un sostantivo: matumaini! = speranza!

Domenica 22 giugno

I miei confratelli hanno avuto pietàdi me. Loro sono partiti nei vari villaggi (Nduye compresa: avrei dovuto andarci ancora una volta per la Santa Messa) e io sono rimasto qui.
Ma come vedete non sono rimasto in ozio. Inoltre non mi è dispiaciuto celebrare qui in parrocchia perché non lo facevo da parecchio tempo e soprattutto perché il Vangelo di oggi ci invitava a non aver paura: “Non temete…Non abbiate paura…non abbiate dunque timore!”

Ci poteva essere una conclusione migliore per questa settimana…non come le altre?

mercoledì 11 giugno 2008

Qualcosa di nuovo sta nascendo...non l'avete ancora notato?


Carissimi,

domenica, 8 giugno, durante la celebrazione eucaristica, pensavo spesso a queste parole del profeta Isaia (43,19).
Come nelle grande ciricostanze una folla immensa di cristiani si era riunita nella "cattedrale delle palme", a l'aperto, per assistere alla prima Messa di un nostro confratello congolese: p. Michel Mandey.
Era stato compagno di studi del padre Gauthier che è qui con noi dal mese di ottobre del 2007;è originario della diocesi di Wamba ed è stato ordinato sacerdote a Ibambi da Mgr. Janvier Kataka l'11 aprile di quest'anno.

Ragioni che ci hanno spinti a chiamarlo a Mambasa per una delle sue prime Messe. Fra poco partirà per Basoko dove svolgerà il suo lavoro sacerdotale.
La foto che accompagna questo messaggio è eloquente: Dino, Gauthier, Michel, Silvano...
(Manca padre Jean Paul che domenica è andato a celebrare a Nduye).
Il contrasto è evidente: epoche, generazioni, volti diversi: chi va verso l'autunno, chi -con coraggio, entusiasmo, sogni,- inizia una nuova stagione e prende il testimone.
Il tutto in un clima di serenità, di pace, di consapevolezza che la vita continua, secondo il disegno di colui che dirige la storia del mondo e della chiesa.
Noi lo accettiamo e ci fidiamo.

Il Cristo diceva un giorno a san Francesco:"non tormentarti troppo povero piccolo: non è la tua Chiesa, non è il tuo Ordine, non sono i tuoi frati...E' la mia Chiesa, è il mio Ordine, sono i miei frati"...

E allora? "In tua voluntade è nostra pace..."

E a te padre Michel tanti auguri !
e conserva il più a lungo possibile il tuo entusiasmo contagioso!


Nota personale : vi sarete meravigliati del mio silenzio...Vi chiedo scusa.
Impegni, viaggi, esami, stanchezza e sopratutto un disturbo all'occhio destro (mosche volanti e bagliori) che mi ha tenuto un po' sotto pressione: non volevo allarmarvi.
Secondo un oculista di Butembo, che ho consultato il 6 giugno, si tratta di una infiammazione passeggera del corpo vitreo. A suo dire, niente di allarmante...
Mi fido e riprendo.
Conto anche sulla vostra preghiera.

venerdì 6 giugno 2008

“Beati i poveri, perché di essi è il regno dei cieli”

Sabato scorso mi sono recato a Butiaba-due, un villaggio a cinque chilometri da Mambasa. Vi ho amministrato quattro battesimi di adulti e benedetto quattro coppie di sposi. I matrimoni sono abbastanza rari anche qui. Averne quattro in un solo giorno, in un villaggetto di meno di mille abitanti, è veramente una cosa straordinaria.

Mi ha fato tenerezza la coppia più anziana. Si chiamano Benedetto e Musa. Tempo fa’ qualcuno mi aveva chiamato per andare a trovare un vecchio ammalato, che aveva chiesto di essere battezzato. Quando sono arrivato dove abitava (non la chiamo casa, perché proprio non lo era) ho dovuto mettermi di sbieco per potere attraversare l’apertura che serviva da porta. All’interno ho trovato due giacigli: delle vecchie coperte, buttate per terra, ammuffite e disgustose. Sopra, vi erano stesi un vecchio e una vecchia: magrissimi, con la pelle raggrinzita, ricoperta di polvere, di caliggine, di sudore e non so di quale altra sporcizia. Da quanti mesi non si lavavano? Ho battezzato il vecchio subito, perché mi sembrava proprio prossimo alla morte La moglie, pagana, mi guardava con occhi assenti, senza fiatare. Il locale poteva essere di due metri e mezzo per uno e ottanta, forse. Le pareti, di pali e fango, erano in buona parte cadute e al loro posto qualcuno aveva intrecciato delle foglie. Come potevano sti due poveri vecchi passare le notti in una miseria del genere durante questo periodo fresco e umido? Me ne sono andato, tutto triste, pensando alla povertà di quei due vecchietti, ma sconcertato anche dalla povertà umana delle persone che abitavano accanto e che li lasciavano morire in simile abbandono. Ho cercato di sensibilizzare alcune persone: i due vecchietti hanno avuto una casetta, delle coperte e dei vestiti. Ieri mattina sono passato davanti a casa loro e li ho messi in macchina per andare alla cappella dove hanno fatto il loro bel matrimonio. Sembravano rinati, increduli che qualcuno potesse ancora curarsi di loro. Le loro promesse, soprattutto quelle della mamma, erano piene di strafalcioni, ma sono sicuro che il Signore ha capito tutto e si è commosso davanti a questi due poveretti ed ha provato una grande gioia: “Beati i poveri, perché di essi è il regno dei cieli”.

Padre Dino Ruaro.

domenica 1 giugno 2008

"Io ti battezzo nel nome del Padre..“


“Io ti battezzo nel nome del Padre...”
Queste parole le ho ripetute 121volte, versando l’acqua battesmale su quelle teste more, che sfilano una dopo l’altra davanti a me.
E’ domenica, 25 maggio.
La celebrazione comincia alle ore otto e trenta, al sito Avakubi, che è diventato ormai la nostra cattedrale a cielo aperto delle grandi occasioni. Il tempo è clemente e tutto andrà bene. Mentre verso l’acqua su quelle teste, mi distraggo più volte: ora a causa dei disegni accuratissimi e pieni di fantasia dei capelli delle ragazze, ora per le lucentissime pelate alla Marco Pantani dei ragazzia(le teste rasate sono segno di festa) molte delle quali mostrano evidentissimi segni di malattie cutanee, ora a causa delle occhiate eloquentissime delle bambine (ma anche delle loro madrine) che invocano l’obbiettivo della macchina fotografica sulla loro piccola vanità. Mi fanno tenerezza gli otto pigmei, ragazzi e adulti, dagli occhi seri e a volte persino un po’ tristi, che sono riusciti ad arrivare alla fine del tempo di catecumenato previsto e che oggi ricevono anche loro il gran dono di poter chiamare Dio loro Padre e Gesù loro fratello. Per ciascuno di loro prego il Signore perché possa scoprire ed esperimentare, nella sua vita ricreata, la bellezza e la gioia di conoscere in Gesù edi amarlo.
La fine della cerimonia del battesimo è salutata da uno scroscio di applausi e da grida gioiose: la comunità cristiana accoglie così i suoi nuovi figli che ha generato nella fede.
Ma oggi non è solo la giornata dei nuovi battezzati: assieme a loro abbiamo anche 82 prime comunioni. Sono rimasti buon buoni durante tutta la celebrazione, ma al momento della comunione, è a loro che spetta la prima fila al banchetto. Loro e, dopo di loro i neobattezzati, hanno diritto alla comunione sotto le due specie del pane e del vino. Cosa che protrae a lungo la cerimonia. Ma non c’è dubbio che, in quei momenti, il più impaziente, sono io. Per i neofiti, e per tuttigi altri cristiani, tutto normale: nessun sbotto di impazienza, nessun segno di stanchezza. La casa non brucia e... “il tempo non è denaro”. E’ per questo che dopo la messa, che già è durata quattro ore, si inizia una breve processione con il Santissimo Sacramento: dal sito Avakubi alla Chiesa parrocchiale, distante meno di duecento metri. La processione è “breve” solo quanto al tragitto, perché l’avvio lentissimo e il procedere “maestoso” della stessa ha richiedono quasi tre quarti d’ora. Tutto bene: la gente è contenta e alla fine se ne ritorna tranquillamente a casa, dove la mamma comincerà a cercare le pignatte per preparare il pasto per tutta la famiglia. I neofiti tuttavia, assieme ai loro amici della prima comunione, prima di andare a casa loro, sono invitati ad un piccolo cocktail organizzato per loro dalla parrocchia. Non pensiamo a cose eccezionali: un pacchetto di biscotti e qualche frittella saranno sufficienti per mettere tutti in allegria.
Si concludono così i due anni di preparazione al battesimo e alla prima comunione. Ma la vita vera e le responsabilità cominciano ora. Ci vuole per loro una benedizione veramente speciale.

p.Dino