lunedì 31 dicembre 2007

Un'idea per l'anno nuovo

Il post che segue doveva essere pubblicato venti giorni fa.

Senza spiegare il perché del ritardo scrivo questo appunto per sottolineare quanto mi sembra essenziale. La lettera sottostante è quella che ho inviato ad alcuni amici e che il giornale della Diocesi ha pubblicato, con l'intento di raggiungere ancor più persone.

La finalità dello scritto spero sia abbastanza chiara, almeno lo era nei miei intendimenti. Far si che per un anniversario (o in altre occasioni significative) gli amici più distratti abbiano a concentarsi un attimo su questa opportunità: dare un segno concreto di solidarietà, con un gesto di amicizia, verso la missione di Mambasa e di Nduye.

Perché non provate anche voi, amici tutti di Padre Silvano?

Agli amici di Don Enzo Formiconi,

specie in questo periodo, ricordando il prossimo anniversario della sua dipartita, mi sembra opportuno che uno di noi scriva materialmente qualche riga. Lo faccio come magari altri hanno già pensato di fare.

Tra i tanti ricordi che ci fanno sentire Don Enzo vicino anche ora, forse uno in particolare resta sempre di costante attualità. Per una lunga ed intensa esperienza vissuta assieme, cari amici tutti, mi sembra opportuno fare cenno a quella missione che ben conoscete, anche se si trova lontano, nel cuore dell’Africa. Quanti incontri, quante esperienze di vita, quante lettere e quante fotografie! Don Enzo ha vissuto pienamente l’esperienza per diversi anni, offrendo sempre un impegno generoso e motivato, tanto che non solo i suoi allievi, ma anche solo chi ha frequentato quei luoghi, ancor oggi lo ricordano. In Africa, un po’ come ha sempre saputo fare in tutte le esperienze di vita, si è impegnato ed ha offerto, generosamente, il massimo di se stesso.

Quindi oggi non faccio un grande sforzo d’immaginazione se penso che le notizie, ed anche le immagini, che oramai fluiscono con una certa regolarità, dalla foresta dell’Ituri che si trova all’equatore, qui da noi grazie ad Internet, l’avrebbero spinto, ancora con maggior entusiasmo, a ricordarci la testimonianza costante dei nostri missionari. In particolare quella di Padre Silvano Ruaro che da allora, dall’inizio degli anni ’70, continua a tutt’oggi oggi l’opera di Padre Longo, sempre con rinnovate energie.

Un ricordo particolare: quasi quarant’anni fa quando giovani e carichi d’entusiasmo eravamo appena giunti in Africa, alla missione di Nduye, la posta ci veniva recapitata se non c’erano intoppi una volta ogni 15 giorni. Quindi solo ogni due settimane la potevamo anche spedire. Adesso grazie al satellite e ad Internet sentiamo e vediamo il nostro “grande” Padre Silvano (“grande” anche perché ha compiuto da poco settant’anni, di cui oltre la metà trascorsi in Africa!) tutti i giorni. Lo possiamo vedere all’opera assieme a centinaia di ragazzi delle scuole, ai meccanici, agli agricoltori, ai catechisti ed ai suoi confratelli, sempre impegnati ed attivi come in quei tempi lontani.

Ai nostri tempi basta un clik sul computer www.mambasa.blogspot.com per varcare una barriera di oltre seimila chilometri. Così possiamo constatare come tutti i giorni le sue preoccupazioni siano molto più concrete delle nostre e come il difficile lavoro e la costante testimonianza cristiana diano quei frutti che spesso, qui nei nostri ambienti, nemmeno siamo in grado d’immaginare.

Da poco sappiamo che i padri dehoniani, e lui padre Silvano in prima persona, sono stati di nuovo chiamati dal Vescovo ad operare nella storica missione di Nduye, dopo venti anni esatti del tentativo di gestione da parte del clero indigeno. Nduye è la missione forse più nota; fondata da Padre Bernardo Longo, che fu uomo semplice, ma di grande fede ed ingegno e che venne trucidato dai ribelli, nel 1964.

Mi chiedo e vi chiedo, a voi tutti cari amici di Don Enzo ed ai lettori di Voce Misena, noi che si fa?

Si resta inerti oppure, come avveniva quando c’era don Enzo, possiamo impegnarci un poco?

Di recente Padre Silvano alla fine di un resoconto su una vicenda difficile, apparso sul blog, ha scritto: ” Mi fermo qui: andare più avanti aumenterebbe il mio disagio.” Poi, citando una frase di Kahlil Gibran, il famoso poeta libanese, ha terminato dicendo: “E’ bene dare quando ci chiedono, ma meglio è comprendere e dare quando niente ci viene chiesto”. Più chiaro di cosi…

Collegatevi ad Internet, al blog della missione, non solo per prendere nota su come fare un piccolo versamento di aiuto, su come donare una borsa di studio o qualche sacco di riso per la semina. Collegatevi di frequente per aggiornarvi sulla vita della missione e magari anche per scrivere due righe di commento. Bastano poche parole, un cenno di saluto per dare la carica a Padre Silvano ed ai suoi. Quindi avvicinatevi a questo benedetto computer, magari a quello di vostro figlio, di un amico (o della parrocchia per chi non lo avesse in casa) e visitate questo blog, appunto come si dice clikkando su: www.mambasa.blogspot.com

Grazie a tutti.

Gianluigi


Nota sul filmato

Per la prima volta su questo blog inseriamo un brevissimo filmato. Presto ne seguiranno altri.

Queste immagini risalgono al 1990. Vedrete, appena all'inizio e poi alla fine, Don Enzo Formiconi. Le riprese iniziano a Mambasa e poi ci si sposta a Nduye. Un caso?! Come avviene in questo tempo, quando i nostri missionari, di nuovo chiamati dal Vescovo, sono ritornati a Nduye.


martedì 25 dicembre 2007

da Padre Dino, il giorno di Natale

Carissimi amici,

pace e bene a voi e a tutti i vostri cari.

Rischiavo di non trovare il tempo per mandarvi un pensiero amico e un saluto fraterno in occasione di questa bellissima festa del Santo Natale. Purtroppo, per troppa gente, nel Natale, di « Santo » rimane ben poco: in esso c'é posto per tutto tranne che per il Signore e la sua discreta e sconvolgente offerta di comunione. In questi giorni mi sono trovato spesso a meditare e a stupirmi del fatto che questo Bambino che adoro nel presepio di Natale é il segno di un Dio che mi cerca , che mi desidera, che vuole trovarmi, che ci tiene a stare con me, ad essere in mia compagnia, ad avere la mia amicizia. Ma che cosa c'é in me che suscita tanto interesse da parte di Dio ?

In questi giorni di preparazione al Natale ho passato tante ore a sentire le confessioni dei nostri cristiani : file di gente che non finivano mai. Probabilmente anche perché non avevano da fare la fila al supermercato... Gente quasi sempre semplice, povera, ignorante ; sconosciuta, senza pretese. Accanto ad essa sentivo il fascino segreto della semplicità e della povertà. Una sorta di compassione e di tenerezza quasi spontanee, che mi faceva pensare a quello che una mamma sente per il suo bambino debole e bisognoso di tutto ; e soprattutto a quello che il nostro Dio sente per tutti i poveri del mondo, per ognuno di noi.

Ma capita tutti i giorni di essere a contatto anche con gente piuttosto rustica, fannullona, piena di spirito di inganno e di profitto, pretenziosa , incapace di un gesto di gratuità. Gente di fronte alla quale viene spontaneo dire : « Un aiuto non se lo merita . Lasciamo che vada per la sua strada». Ma poi mi dico : e se Dio avesse lasciato me andare per la mia strada ; accecato dal mio orgoglio e sviato dal mio egoismo ?... Mi pare che questo Dio del Natale, che viene a salvare un mondo cattivo, perduto, disperato, ci inviti a lavorare per gli altri anche quando forse « non se lo meritano » e a cercare di fare del bene anche « a fondo perduto ». A volte mi si chiede perché rimango qui, a lavorare con cosi' pochi risultati. La risposta è da cercare nel senso profondo del Santo Natale. Ve lo auguro Buono e Ricco della Presenza del Dio con noi.

Un caro saluto a tutti e una preghiera, di cuore.

P. Dino

domenica 23 dicembre 2007

Auguri: che sia Natale!


Carissimo,

siamo alla vigilia di Natale e, se aspetto ancora, rischio di mandarti gli auguri per Pasqua.
Se mi segui sai che in questi giorni sono stato attaccato dalla malaria; ma non me ne faccio una “malattia”?!. Piuttosto una ragione di più per essere breve e semplice. Scusa se sono povero e vuoto. Ma mi consolo: anche se incredibile la storia del Natale è estremamente semplice e fragile: un niente la deturpa e la sfigura.

E’ successo questo:

Dio stanco di essere frainteso, giudicato male, scambiato per un tiranno, viene di persona sulla terra. Si fa uomo. Ma non scherza: non un uomo privilegiato, ma un bambino che nasce nel seno di una bambina, in una stalla... perchè nessuno lo vuole!
Stupore, perplessità, dubbio, rifiuto.
Maria: “come è possibile?”
L’angelo a Giuseppe. “non temere...”
Giovanni: “Sei tu colui che deve venire...O ne dobbiamo aspettare un altro?”
I sacerdoti del tempio neppure si muovono.

Erode lo cerca, ma per ucciderlo.

I poveri, i pastori...lo accolgono.

Dio è :

Dio è un neonato con gli occhi socchiusi che Maria stringe per scaldarlo e per allattarlo.
Dio è un piccolo e un debole che ha bisogno di tutto.
Dio è un mite che non uccide i malvagi, ma cede alla loro prepotenza...

Se Dio è così:

Se questo bambino è Dio,
significa che Dio ci ama davvero: “per noi uomini e per la nostra salvezza, discese dal cielo!”
che è mite, paziente,
che non è un giustiziere
che ha bisogno di noi, come ha avuto bisogno di Maria e di Giuseppe,
che abita dove c’è fragilità, esclusione, povertà, che non ha paura delle stalle (materiali...e morali)

Proposta da...portare avanti:

In questi giorni penso: se fossi Papa cambierei la data del Natale del Signore.
Il 25 dicembre ormai è pieno di virus...
Il mondo sarebbero spiazzato, smarrito, scandalizzato.
Ma non voleva forse questo, Gesù, il bambino di Bethlemme?

Auguri

Auguri a tutti: nominarvi è impossibile: lascio scorrere i vstri volti davanti a me.
Un augurio, un sorriso, un grazie, una preghiera per te che leggi.

Dio ti ama”...allora di che aver paura? Per questo Natale è sorgente di pace e di gioia!

Ricordati anche tu di me.
Un abbraccio
p. Silvano

mercoledì 19 dicembre 2007

Nel ricordo – riconoscente - di don Enzo


Per gli amici del blog di Mambasa don Enzo Formiconi non è uno sconosciuto.
Ne parlo nel breve racconto "Padre Longo e la sua opera" e anche in "Chi siamo".

Il suo ricordo e la sua opera sono intimamente legati alla persona del dott. Gianluigi Mazzufferi, il cui contributo ci è veramente prezioso.

Domani ricorre il secondo anniversario della sua “partenza”... verso la casa del Padre. Ricordo solo alcune date importanti della sua vita. Lui stesso diceva spesso che l’esperienza africana era stata fondamentale nella sua vita.
Finché ha potuto si è sempre tenuto in contatto epistolare con noi, ripetendo ogni volta il suo apprezzamento per l’opera di formazione della scuola, sostenendola in vari modi e coinvolgendo anche i suoi amici.

- Settembre 1971 – Luglio 1974 : a Nduye come professore nell’Istituto Professionale e nel Liceo Mavuno (che significa Mietitura/Raccolto).

- Dicembre 1991 – 1993: Professore all’Istituto Bernardo Longo a Mambasa.

Chi era?
Per i familiari, un riferimento
per molti, una guida
per tanti, un amico
per tutti, un fratello
per noi, una presenza fedele e operante!

Piccolo messaggio
- ai suoi cari (tramite il nipote Paolo): lo ricorderò e vi ricorderò domani, celebrando la santa Messa per lui e per voi;
- ai suoi amici: sono in comunione con voi, vi ricordo, vi ringrazio e soprattutto vi auguro di non dimenticare il suo esempio, le sue parole e il suo messaggio.

Grazie, don Enzo per quello che sei stato e per quello che ci hai donato!

lunedì 17 dicembre 2007

Istruzioni pratiche: come aiutarci

Questa notte abbiamo effettuato alcuni aggiornamenti circa le modalità per i versamenti di aiuti e contribuzioni alle missioni di Mambasa e di Nduye, usando il conto corrente bancario dei Sacerdoti del Sacro Cuore, a Milano.
Resta invariato il numero del conto corrente postale.
Sulla schermata del blog, in alto a sinistra, tutto è spiegato alla voce."Come aiutarci".
Per praticità d'uso riportiamo le indicazioni nel post sottostante.

1) CREDITO BERGAMASCO – Agenzia n. 81 Viale Monza, 343 20126 MILANO

Indirizzo SWIFT: CREBIT21081

b) Codice IBAN:

b.1 Per bonifici in € (Euro):

IT 26 D 03336 01601 000000005011

b.2 Per bonifici in USD (dollari USA):

IT 37 H 03336 01601 USD508143007

c) Intestazione del conto bancario:

Provincia Italiana Settentrionale dei Sacerdoti del S. Cuore



2) Conto Corrente Postale: N° 15103203
Intestato: Sacerdoti del Sacro Cuore – Via Andolfato 1 – Milano



L'importante è indicare sempre e chiaramente la causale. Ad esempio potrebbe essere "Per P. Silvano-Mambasa e Nduye". Inoltre specificare sempre chiaramente nome e recapiti dell'offerente. Ciò per consentire poi almeno un cenno di ricevuta.

Ovviamente è sempre utile comunicare quanto fatto "in tempo reale" a padre Silvano, scrivendo alla seguente mail: ruarosilva@yahoo.fr

sabato 15 dicembre 2007

novena di Natale

Carissimi,
...decisamente questo sarà un Natale diverso. Dopo la mia nomina a Ispettore delle scuole del territorio di Mambasa ...non è più come prima.
Lo diceva anche il nostro ex-presidente: "Plus rien ne sera comme avant" (niente sarà più come prima).
Le emozioni, le preoccupazioni...i progetti si accavallano; ma su tutto domina un senso di tristezza, di impotenza...
Nel mio peregrinare ho incontrato delle situazioni strane, inimmaginabili, come questa scuola.
Non è un montaggio o una foto "preparata"...giudicate voi.

Anche sul piano del personale, cose da non credere: scuole cattoliche con un Testimone di Jeova come direttore, un'altra con un direttore Kimbanguista...
Che fare? Non lo so proprio...

Ma ci sono anche cose belle: due giorni fa sono andato a Mayuano e come vedete la scuola Albino M. (un istituto agroforestale) sta facendo gli ultimi ritocchi. Lunedì, dopo il lavoro dei muratori e dei falegnami, sarà il turno dei pittori...A Natale sarà pronta ad accogliere...Gesù.
Un'altra bella notizia fresca fresca (di oggi!). Da Kinshasa mi hanno comunicato che i nostri 10 alunni finalisti che hanno fatto gli esami di Stato: 5 in Pedagogia Normale (che corrisponde alle nostre Magistrali) e 5 in Matematica-Fisica (che corrisponde al nostro liceo scientifico) sono stati tutti promossi. Cosa eccezionale se tenete presente che sul piano nazionale solo il 30% è stato promosso...

Quindi...lo dico a voi e soprattutto a me: coraggio, se ce la mettiamo tutta...possiamo uscire da quelle catapecchie e fare un...mondo più bello.
Buon cammino verso il Natale.

lunedì 10 dicembre 2007

I 15 lustri di padre Angelo



11.12.1932 - 11.12.2007!
Non ho voluto tenere per me questa notizia: padre Angelo domani, 11.12, ricorda il giorno della sua nascita. Il calcolo in anni è presto fatto. Ma preferisco farlo in lustri: il 15 che ne risulta profuma di giovinezza, di entusiasmo, di vitalità, di generosità.
E' così che lo penso sempre. E per chi non lo sa, Mambasa ha un posto speciale nel suo spirito e penso anche nelle sue preghiere, da quando è venuto qui nel gennaio del 2002. A dire il vero, non so se per coincidenza o causalità, durante il suo soggiorno in Congo e dopo sono successe cosa dell'altro mondo: è stato coinvolto in un naufragio fra Kisangani e Basoko sul fiume Congo; subito dopo la sua partenza il vulcano Nyragongo è entrato in eruzione e ha in parte sommerso Goma, e qualche mese più tardi è iniziato il finimondo: guerra, esodo, migliaia di rifugiati...
Che sia un presagio? "dopo di me..."
Comunque,domani, assieme a una preghiera speciale per lui, davanti alla Madonnina, anche un augurio sincero: che i lustri siano ancora tanti...e sempre smaglianti.
Auguri, padre Angelo ...e grazie!
...la comunità di Mambasa

domenica 9 dicembre 2007

la parola a padre Dino

Carissimi amici,
é passato ormai un mese da quando Monsignor Kataka Janvier, Vescovo di Wamba, é venuto qui a Mambasa. La visita aveva un duplice scopo : aprire ufficialmente l’ispettorato delle scuole cattoliche di Mambasa, con p. Silvano come ispettore responsabile e, in secondo luogo, presentare il sottoscritto ai nostri cristianidi Mambasa come loro parroco. Padre Silvano vi ha già parlato della sua nomina e anche delle preoccupazioni e grattacapi che questa gli procura. E’ una nuova responsabilità e una nuova sfida, che egli affronta con la consueta forza e passione e, cosa inevitabile quando c’é amore e passione, anche con sofferenza.
La presentazione del nuovo parroco é avvenuta domenica, 11 novembre, ad Avakubi, una vasta e simpatica spianata, ombreggiata da numerose palme, con al centro un altare, coperto da una tettoia di ondulati trasparenti. C’erano almeno duemila cristiani. Prima dell’offertorio, il Vescovo mi ha messo fra le mani una grossa chiave : essa mi ha fatto pensare a Colui che é si definito la « porta dell’ovile » e che era al tempo stesso pastore delle pecore. Io sono chiamato a rappresentarlo, qui a Mambasa. E poi mi ha messo sulle spalle la stola, simbolo del servizio pastorale del parroco. Stola come « grembiule » : il servizio appunto. Spontaneamente mi sono sentito prendere da una certa paura e ansia. Ma subito ho pensato che questo servizio che il Signore mi affida é soprattutto un dono suo : poter servire Dio nei fratelli é proprio un dono, occasione e mezzo di crescita per me e per gli altri.
La settimana seguente, dal 14 al 16 abbiamo fatto qui a Mambasa una riunione di tutti i catechisti della nostra parrocchia e anche della parrocchia di Nduye. Un’ottantina di catechisti e catechiste sono venuti da vicino e da lontano (i villaggi più distanti sono ad oltre cento km da Mambasa). Lo scopo era quello di aprire l’anno di catecumenato con un momento forte che potesse motivarli di più in questo servizio ecclesiale che é stato loro affidato ; e poi contribuire anche alla loro formazione. Il servizio del catechista é particolarmente importante per i nostri cristiani, soprattutto nei villaggi sperduti in mezzo alla foresta , dove egli é chiamato non solo a fare il catechismo ai catecumeni, bambini e adulti, ma anche ad animare tutta la vita cristiana della comunità. Ma dobbiamo dire che tre giorni di formazione sono insufficienti, soprattutto quando tocchiamo con mano il loro grado di preparazione : veramente troppo approssimativa e troppo lacunosa. E’ non c’é da meravigliarsi, perché la maggioranza di loro non ha seguito che pochi giorni di preparazione prima di cominciare il loro servizio di catechista. A conclusione di questi tre giorni ci siamo riproposti di lavorare di più in questo settore, organizzando degli incontri più regolari e più prolungati. Molti catechisti li desiderano e loro per primi ne sentono il bisogno.
In questi giorni abbiamo poi proceduto a rinnovare i vari servizi ecclesiali esistenti nelle comunità di base del centro e abbiamo eletto il nuovo consiglio pastorale parrocchiale. Devo dire che c’é nei nostri cristiani molta disponibilità ad assumere dei servizi nella parrocchia. E’ raro che uno dica di no. Ad essere sinceri, alle volte non é assente un certo orgoglio o desiderio di apparire, al quale manca poi una adeguata volontà di impegno fattivo. Ma in altri si nota un vero amore di chiesa e un desiderio sincero di impegnarsi per gli altri. Prendiamo i nostri cristiani cosi’ come sono (del resto anche loro, e soprattutto il Buon Dio, devono accettare noi preti cosi’ come siamo, con le nostre debolezze e le nostre miserie) : insieme cercheremo di costruire la chiesa di Dio, con il desiderio e la volontà che sia e diventi sempre più una comunità di fratelli e di sorelle e un segno di speranza offerto a tutti.
P. Dino

giovedì 6 dicembre 2007

BADENGAIDO 1: "segno di speranza"


Forse qualcuno, fra poco smetterà di aprire il blog. O forse io...smetterò di scrivere.
Purtroppo, tristi o gioiosi, non so nascondere i sentimenti... e, in questo momento, sono abbastanza di tinta scura.
Vi dicevo che il Vescovo, il 9 novembre, giorno del mio compleanno mi aveva fatto un regalo impegnativo; avrei dovuto mettere “pesante” o addirittura “angosciante”.
Sto visitando le scuole...Prima le osservavo dalla strada, di corsa, scuotendo la testa... Oggi ci devo entrare e trovo dappertutto problemi.
Ieri sono stato a BADENGAIDO: 270 km fra andata e ritorno, con diverse soste in piccoli villaggi. Sono tornato cotto, alle 19; mi sono messo subito sul letto, vestito...mi ha svegliato padre Angelo alle 22,30...
A Badengaido ci sono due realtà: un segno di speranza. In questo messaggio vi parlo di questo. La gente, aiutata da una parrocchia di Marina Franca, ha costruito un edificio con 3 aule: mancano ancora le porte, le fineste, gli intonaci, i pavimenti...ma la struttura c’è...La gente ha fatto i mattoni e si è presa carico dei muratori che hanno costruito la scuola...
E’ un segno di speranza, ma incompleto.
So che sto martellando...ma non quanto la pubblicità del Natale...
Ogni volta che apro Internet (Yahoo francese) ho uno scatto di stizza...
Sul display appare a intermittenza questa frase: NOEL FURIEUSEMENT (Natale furiosamente)....e giù pubblicità, flora e fauna: alberi, renne, babbi-natale ... che reclamizzano ogni sorte di prodotto.
Gesù, i poveri... Il messaggio di amore e di pace per tutti...Cosa? Mai sentiti!
...meglio non pensarci!
E se facessimo veramente un Natale furioso,
a controcorrente?

BADENGAIDO 2. " Mti ya mbali"


Ma a Badengaido c’è ancora tanto da fare.
A fianco della scuola precedente, non ancora finita del resto, ci sono questi altri ruderi che hanno la pretesa di chiamarsi “scuole”...
Sono entrato in una di queste, solo, mi sono seduto su un pezzo di legno, che serve da banco...Ho sentito una profonda tristezza, la mia impotenza, un sentimento che confinava con lo scoraggiamento.
Fuori la gente, mi aspettava. Un momento di silenzio imbarazzante.
Il capo ha preso la parola: “Padre, non so se stanotte dormirò...Sono talmente riempito di gioia vedendo lei fra noi. Quando veniamo a Mambasa per le riunioni siano accolti alla missione e ammiriamo le scuole. Faccia qualcosa anche per noi. Noi diciamo : Mti ya mbali hawezi kuiua nyoka (un bastone che è lontano da te non può uccidere il serpente)...Voleva dire: prima eri lontano e non potevi aiutarci, adesso sei vicino e ci puoi aiutare ...”
Avrei voluto dire: vi aiuterò...Ma avevo paura di ingannarli.
Mi sembrava più giusto dire: “con l’aiuto di Dio farò tutto quello che potrò”.
E ho detto questo.

BADENGAIDO 3: Emmanuel



Emmanuel...
Se ieri sono tornato a casa stanco e sconvolto da Badengaido non era solo a causa delle scuole.
Da cinque anni ormai aiutiamo Emmanuel, un uomo che è arrivato qui durante la guerra del 2002. Aveva un grosso buco in testa, parlava a stento, cercando con difficoltà le parole, si trascinava sorretto da un bastone, le braccia anchilosate. Ero riuscito a capire che era stato picchiato selvaggiamente dai soldati che avevano ucciso sua moglie davanti a lui perché rifiutava le loro avances...
Vive qui vicino a noi nella casa dei poveri...
Spesso mi diceva che aveva lasciato a Badengaido due figli e che voleva andare a prenderli.
Pensavo farneticasse...e lo consolavo dicedongli che saremmo andati assieme a vederli, quando le strade ce lo avrebbero permesso.
Ieri dopo aver concluso la visita alle scuole...ho chiesto se avevano conosciuto Emmanuel
Tutti lo conoscevano: era molto stimato perché aveva studiato molto e faceva da segretario a tutti coloro che avevano bisogno di scrivere una lettera...
Già un prima forte emozione...Oggi non potrebbe neppure tenere in mano una penna.
Sapendo di essere sulla pista buona, ho chiesto dei figli.
Poco dopo è arrivato il suocero , il cognato e il piccolo Charles. Mi hanno detto che la bambina, Anjakomeli era per il momento assente...
Un momento di commozione vedendo il bambino che non ha conosciuto il papà perchè quando sono successi i fatti era appena nato e che non può assolutamente immaginare come è ridotto.
Ma anche un momento di stupore, di stizza, quando il suocero et il cognato mi hanno detto che Emmanuel deve finire di pagare la dote...
Non credevo alle mie orecchie: meno male che Emmanuel non era presente!
Ho fatto una foto che ho già mostrato a lui.
Due lacrimoni senza parole...poi è riuscito a farmi capire che vuole qui i suoi bambini.
Incoscienza da parte mia?
Ho detto che andremo assieme a prenderli.

Per Emmanuel sarà senz’altro un vero Natale!

domenica 2 dicembre 2007

e tu..che ne dici

Carissimi,
sono appena tornato da Nduye e, aprendo la posta, ho trovato una mail..strana: provocazione, scherzo, proposta ind...?! Mi si chiede di cambiare il nome e di assumere quello più biblico-ecclesiale di Pietro, Pierre, Peter, Piet...
Visto che ormai è di moda la consultazione della base, con referendum,primarie, gazebo, convention, pongo a voi la questione...
Da parte mia, ho già scelto! Del resto, cosa direbbero mia mamma e i bambini che ho incontrato oggi e ieri sulla strada di Nduye. Per loro sono e sarò sempre...
Ciao e buon inizio di Avvento...verso un Natale vero, diverso : nascita di Gesù.
Mi consolo: anche il suo nome non è più molto alla moda!
Un grazie sincero al gruppo missionario della parrocchia di Cristo Redentore di Sassari e a don Mario!

sabato 1 dicembre 2007

un REGALO...impegnativo

carissimi,
senz'altro qualche lettore, dopo ripetute sbirciate al blog, si è posto la domanda: "dov'è andato, sta poco bene?"
Sono andato...sono stato anche poco bene, ma adesso tutto è rientrato nella norma.
Ho accompagnato a Kampala il fotografo Giovanni Diffidenti e proprio a Kampala sono stato "aggredito" dalla malaria, regalo di qualche zanzara incontrata sulle strade fangose di Nduye.
Ma non è questo il menu di oggi...
Voglio condividere con voi: sorprese, preoccupazioni...sogni.
Il 9 novembre, giorno del mio compleanno, ho avuto un regalo speciale dal mio vescovo, Mgr. Janvier Kataka. Ed è venuto lui stesso a portarmelo.
Se ne parlava da tempo e si cercava una soluzione.
Mambasa è a 310 km da Wamba, sede della nostra diocesi.
Le scuole cattoliche del nostro territorio, una ventina, dipendevano dalla Direzione scolastica diocesana. La distanza e la condizione delle strade erano ostacoli seri per il controllo, la gestione...e lo sviluppo delle nostre scuole.
Il Vescovo ha chiesto al Ministro dell'Educazione Nazionale il decreto di creazione di un nuovo "Ispettorato delle scuole cattoliche" a Mambasa.
Ottenuto il decreto dal governo, il Vescovo mi ha chiesto di assumere...anche questo incarico. Inutile dirvi la mia reazione. Ma è stato inutile...A giorni arriverà la conferma del Ministro!
Di ritorno da Kampala, ho cominciato le visite. Dappertutto dei grossi problemi: strutture inesistenti o assolutamente inadatte, personale insufficiente, non qualificato e soprattutto non motivato perché non pagato dal governo. Un numero impressionante di bambini non scolarizzati...
Sto osservando. Molti si aspettano soluzioni rapide e miracolose: non le ho e lo dico ogni giorno. Vedo tanta tristezza e delusione sul volto dei direttori, dei genitori... Ma purtroppo per il momento sono costretto ad assistere impotente.
Qui a Mambasa la situazione delle scuole è di privilegio: grazie anche a voi abbiamo due belle scuole elementari (Tuendelee e Binase) e una bella scuola media-superiore: l'Istituto Bernardo Longo. A Mayuano stiamo terminando una bellissima scuola "Istituto Albino Martinelli"...Mancano ormai solo le tinte... Ma altrove?
In alto vedete la scuola media superiore - cattolica!- di Epulu (a 70 km da Mambasa) che ho visitato mercoledì scorso assieme ad alcuni Ispettori di Bunia.Il titolo è solenne e scorrevole: Istituto Tecnico Agrario (ITA). Non ho avuto il coraggio di fotografare l'interno...
Qualcuno potrebbe pensare a uno scherzo: per questo metto le due foto: una scattata da me e una dal mio segretario (anche se poco professionale).
Guardandola, mi...vergogno di apparire sorridente: non mi sembra proprio il caso.
A volte mi pongo la domanda, banale, volgare forse: "ma chi te lo fa fare"?
Ormai è troppo tardi...
Lunedì, 3 dicembre, avrò una riunione con i direttori per fare il censimento di tutte le scuole e "prendere visione" della situazione. Spero di non cedere alla tentazione di scrivere una lettera di dimissioni...
Ma già fin d'ora risuona in me, insistente, una voce: "ero analfabeta e mi hai istruito...quello che hai fatto a uno di questi piccoli, l'hai fatto a Me".
E voi...non sentite nulla?!








mercoledì 14 novembre 2007

"Vai e...ripara la mia Chiesa" (Gesù a san Francesco)


finalmente posso mandarvi la foto con il pavimento della Chiesa di san Francesco.
Lo foto è del fotografo Giovanni Diffidenti di Bergamo che è fra noi da oltre venti giorni per fare un servizio su Nduye e i Pigmei.
Avrò delle altre occasioni per spiegarvi il motivo del suo viaggio...
Oggi ci fermiamo alla chiesa...
E' dedicata a san Francesco ed è stata nella mia mente una chiesa votiva per la pace e un ricordo per i defunti dei missionari, dei benefattori e amici.Quindi è la chiesa di ognuno di voi!
Mio papà si chiamava (e si chiama, visto che Dio è il Dio dei vivi) FRANCESCO
Oggi è il 34° anniversario della sua partenza verso la casa del Padre.
Questa foto è un omaggio è un grazie per quello che lui è stato per me e per tutti i miei fratelli.
Questa chiesa ha una storia lunga...e francescana! Ve la racconterò un'altra volta
Come vedete mancano il soffitto e le finestre...ma non per molto tempo.
Che san Francesco ottenga la Pace al nostro paese e che tutti i nostri defunti trovino nel Padre il riposo eterno.
Allora questa chiesa...avrà raggiunto il suo scopo.
A presto

giovedì 8 novembre 2007

una foto...strana


carissimi,

ormai è un segreto di Pulcinella: domani entro nel settantesimo anno di vita..
E vi entro in buona compagnia.
Il 9 novembre 1938, verso sera padre Longo arrivava a Brazzaville, sulla riva destra del fiume Congo, di fronte a Leopoldville, capitale del Congo Belga.
Alla sera dello stesso giorno, arrivavo anch'io, in un paesino di montagna.
Che strana coincidenza!
Dopo tanti anni le nostre strade si sono incrociate.
Padre Longo è per me: un ideale, un maestro, un modello...un protettore.
Come ricordo di questa giornata del 9 novembre vi invio questa foto che è stata scattata, a mia insaputa, da padre Dino, il 3 novembre di quest'anno, davanti all'Istituto Bernardo Longo, al momento del pranzo offerto dalla direzione della scuola a tutti gli alunni (610) e a un centinaio di professori, maestri, funzionari dell'amministrazione di Mambasa.
Grazie, Dino!
E a voi tutti una richiesta: una preghiera, affinché...non faccia brutta figura accanto a lui!

p. Silvano

Compleanno all'equatore

domani 9 novembre è il compleanno del nostro Padre Silvano.
Mambasa non è proprio all'equatore, ma nel cuore della foresta pluviale del Congo. Laggiù, oramai dall'inizio degli anni '70, padre Silvano ha trascorso la maggior parte dei suoi compleanni. Tutto fa supporre che non intenda festeggiare i prossimi così a nord, al freddo, tra la nebbia come accade per noi. Per di più l'anniversario di quest'anno lo ricorderà in maniera indelebile, non tanto per la cifra che cresce (grazie a Dio per tutti alla medesima velocità!), ma per la nuova prova a cui è stato chiamato, assieme ai confratelli, e cioè il ritorno a Nduye, l'originaria missione da cui ha cominciato il cammino africano.
So per certo che altri amici da Milano e dintorni, da Schio, da Vicenza si faranno vivi aggiungendo una riga di commento per far sentire la vicinanza alle sue idee, ai suoi progetti, ai gravosi impegni quotidiani ed alle prove non facili a cui sarà sempre chiamato.
Padre Silvano è uomo di grande fede e gli impegni, anche quelli più stressanti, non lo hanno mai spaventato. Lui sa benissimo che non lavora mai da solo!
Da parte nostra pensiamo come dare maggior concretezza a questi auguri, ognuno come può e sa fare, ma oggi con l'impegno preciso di coinvolgere altri nella "grande rete" degli amici della missione di Nduye e Mambasa.

(nella foto in bianco e nero, della fine del 1971 a Nduye, P. Silvano, più magro che mai, è al lavoro con me e con alcuni ragazzi della scuola. E' l'inizio del dissodamento del terreno dietro alla casa dei Padri . Qui avremmo coltivato in seguito il nostro orto. Sullo sfondo, nell'altra collina sopra la piantagione di caffè, l'abitazione delle Suore comboniane)

lettera a ILARIA,...ma non solo


Carissima Ilaria!

leggo con sorpresa e gioia la tua presentazione: senza preamboli, di corsa! “Ciao a tutti...!” Evidentemente ti chiedo di salutare papà Giacomo e mamma Sandra...Ritorno giovane: Cambiago 1965!
Quanto segue è geniale: “irrompo nelle vostre interessanti discussioni...”
Che bella irruzione!
Mi auguro che molti altri abbiano lo stesso entusiasmo e coraggio!.
Il tono e la freschezza mi hanno fatto pensare a un raggio di sole che all’improvviso illumina una stanza umida e buia o allo sgorgare di un getto d’acqua che “irrompe” da una pompa appena installata in una zona arida.
Grazie!
Mi riprometto sempre di fare quel compitino che Gianluigi mi chiede con insistenza da Senigallia.
Non disperate mai...arriverà.
Intanto ti dico due priorità...Ma ci sono tantissimi “sogni” nel cassetto!
- Dovremmo cominciare a giorni la costruzione del secondo edificio dell’ospedale; questo necessita anche di un pozzo e dell’attrezzatura per fare salire l’acqua in un serbatoio sopraelevato.
- La nostra scuola ha 610 alunni e 53 professori: ma non dispone ancora di una
Sala- professori dove possono prepararsi alle lezioni e riposarsi negli intervalli. A fianco vorremmo costruire una piccola biblioteca e un laboratorio per la chimica e fisica.


Ci sono inoltre due necessità forse più difficili da capire, ma non meno urgenti:
- il “salario” dei professori e le borse di studio per i nostri ex-alunni che vogliono continuare gli studi.
- a) Su 53 professori, a causa della lentezza burocratica dell’amministrazione, (le assunzioni ufficiali si sono fermate al 1994!) solo 15 sono “pagati” dallo Stato con una somma che varia dai 60 agli 80 dollari al mese!
E gli altri? Sono a carico nostro...Da notare che a tutti noi diamo almeno 80 dollari al mese...
- b) Molti dei nostri ex-alunni, dopo gli esami di stato, vogliono iniziare gli studi
universitari, ma non hanno la possibilità di farlo per mancaza di mezzi.
Fa parte del nostro progetto educativo e della nostra programmazione la volontà di
aiutare soprattutto coloro che esprimono il desiderio di ritornare qui come professori.
Con 1000 € potete aiutare un ragazzo o una ragazza per un anno...

Il resto lo potete intuire. Mi fermo qui: andare più avanti aumenterebbe il mio disagio.
“E’ bene dare quando ci chiedono, ma meglio è comprendere e dare quando niente ci viene chiesto” (Gibran).

Grazie, Ilaria!..




Nota bene: Allego la foto di alcuni alunni dell’Istituto Bernardo Longo con la divisa. Mi auguro sia ben visibile lo stemma della scuola, ideato da Livia Mazzufferi e realizzato in ...Cina, grazia alla generosità di mio nipote Alessio Smiderle.
A loro e a voi : grazie!


Un saluto speciale a tutti gli amici di Cambiago...

E che il Signore vi benedica tutti...


p. Silvano

martedì 6 novembre 2007

Chi può arrivare a Nduye?...(2)


Sono arrivato a Nduye e il padre Longo mi ha chiesto di restaurare la sua opera, di ridare speranza ai suoi amici Pigmei e a tutti gli abitanti della zona, per i quali ha dato tutto.

* * *

Sono questi i sentimenti che mi hanno assalito quando per la prima volta ho messo il mio piede sul suolo di Nduye.

Prego padre Longo affinché per sua intercessione rifiorisca di nuovo la speranza sulla collina di Nduye, affinché la sua opera torni ad essere un faro luminoso e affinché il suo sacrificio sia riconosciuto e cantato nel mondo intero.


p. Gauthier Buyidi, scj

sabato 27 ottobre 2007

Chi può arrivare a Nduye...? (1)


Nota: questo messaggio è stato scritto dal mio confratello p. Gauthier dopo il viaggio a Nduye, il 14 agosto. A questa prima parte, ne seguirà un'altra...

Chi può arrivare a Nduye...?

-Chi può arrivare a Nduye e restare impassibile di fronte alla bellezza prodigiosa della natura?

-Chi può arrivare a Nduye e non essere trasportato dal verde che copre la terra, gli alberi e le colline?

-Chi può arrivare sulla collina sulla quale è collocata la missione e non ammirare la bellezza lussurreggiante della foresta equatoriale e non esclamare che Dio è il più grande stilista e il più grande sarto?

-Chi può arrivare sul pianoro dove è costruita la missione e non essere inebriato da un panorama paradisiaco inaspettato in mezzo alla foresta equatoriale?

-Chi può arrivare a Nduye e non restare stupito di fronte a questo verde panorama che si schiude progressivmente ogni mattino vincendo lentamente la nebbia che copre tutta la foresta e che si richiude ogni sera con un tramonto unico al mondo?

-Chi può arrivare a Nduye e non riconoscere il coraggio eroico e l’intuizione estetica di colui che ha scelto questo posto?

-Chi può arrivare a Nduye e non essere colpito dalla semplicità, dall’ospitalità e dalla allegria dei Pigmei che costituiscono la maggioranza degli abitanti?

-Chi può arrivare a Nduye e dimenticare i ritmi misteriosi della loro musica?

-Chi può arrivare a Nduye e non essere sopreso dalle pietre utilizzate per la costruzione degli edifici, pietre ricavate dai macigni con il fuoco?

-Chi può arrivare a Nduye e non ammirare gli edifici che si ergono diritti e solidi dopo oltre cinquant’anni e che hanno sfidato le guerre, i saccheggi, l’abbandono, l’assenza del pastore e tutte le intemperie?

-Chi può arrivare a Nduye e non raccogliersi in ginochhio davanti alla tomba del suo eroico e fedele costrutture e pastore che riposa in tutta semplicità nella sua chiesa?

-Chi può arrivare a Nduye e non apprezzare quest’opera, testimonianza della forza, del genio e della fede di padre Bernardo Longo e dei suoi collaboratori: suore, catechisti, insegnanti?

-Chi può arrivare a Nduye e rimanere indifferente al racconto del martirio di padre Bernardo, il cui ricordo è ancora vivo nelle parole e nel cuore della sua gente?

-Chi può arrivare a Nduye e non ascoltare gli omaggi di gratitudine che non solo gli
abitanti , ma anche tutti i suoi ex-allievi intonano senza tregua in suo onore?

-Chi può arrivare a Nduye e non essere testimone della nostalgia intessuta di amarezza dei Pigmei che deplorano l’abbandono e la degradazione dell’opera di padre Longo?

-Chi può arrivare a Nduye e restare sordo alle grida di questi amici di padre Longo che sono abbandonati alla loro sorte?

-Chi può arrivare a Nduye e non sentire la voce di padre Longo che sussurra: “Non puoi aiutarmi a restaurare questa opera”.

domenica 14 ottobre 2007

14 ottobre - CURTAROLO (Pd) - NDUYE




Vi domanderete il perché di questo accostamento strano.
Semplice. Avevo saputo, da un mio informatore fedele e tempestivo che oggi, a CURTAROLO (PD) si sarebbe celebrato il Centesimo anniversario della nascita di padre Bernardo Longo.Il padre Longo è nato il 25 agosto 1907...Ma in agosto tutti sono altrove. Non so le ragioni della scelta della data odierna...Vicinanza con la giornata missionaria mondiale? Forse!
Mi è sembrato giusto comunque far partecipi di questa celebrazione anche i cristiani di Nduye, la "sua missione" .
In quella chiesa è sepolto:una sepoltura modesta. Vicino all'altare in cui si conserva il Santissimo e sotto lo sguardo della sua Madonna "Mama wa Mungu"(Madre di Dio).
Là dove lui, ogni mattino, alle 5,15 cominciava la sua giornata con la preghiera.

Sono giunto a Nduye ieri pomeriggio.
Un piccolo gruppo di Pigmei mi aspettava. Fra loro c'era anche il figlio di SAU che era il capo-pigmei al tempo di padre Longo. Gli ho detto che doveva venire alla Messa di oggi con una lancia, con archi e frecce...


Noi, in attesa dell'arrivo dei cristiani, questa mattina abbiamo ornato,in maniera molto semplice, la tomba del padre. Con i fiori abbiamo scritto: "Merci" (grazie!).
La Messa doveva cominciare alle 8,30...Ma dato il numero di coloro che volevano confessarsi abbiamo incominciato la processione di ingresso alle 9...,alla stessa ora in cui cominciava a Curtarolo la solenne celebrazione di anniversario.
Lo Messa è durata oltre due ore...La gente non ha difficoltà a improvvisare, soprattutto quando si tratta di canti e danze.
All'offertorio i pigmei hanno deposto sulla tomba di padre Longo la lancia, gli archi e le frecce...Non sono invece riusciti a trovare un'antilope: non erano stati avvertiti a tempo...
Il Vangelo di oggi - la guarigione dei dieci lebbrosi - si prestava bene alla circostanza. Dei dieci lebbrosi guariti, uno solo ritorna da Gesù per ringraziarlo.


Padre Gauthier, il diacono che è giunto da poco fra noi ha insistito sul dovere e la bellezza del ringraziamento. Io ho poi continuato ricordando padre Longo e invitando tutti a ringraziare il Signore di averci dato padre Bernardo e a ringraziare anche padre Bernardo per il suo amore per la gente di Nduye, per i giovani per i Pigmei. Ho ricordato anche che padre Bernardo aveva un motto, che ripeteva spesso: "Sala na kazi" (preghiera e lavoro!). Ci siamo interrogati se siamo stati fedeli alla sua consegna!
Poi, nella preghiera dei fedeli, gli abbiamo chiesto di aiutarci a far rifiorire la sua missione.
Alla fine della Messa alcuni pigmei hanno voluto una foto accanto alla tomba del loro Padre...
E i cristiani hanno voluto una foto di gruppo come prova della loro comunione con i fratelli di Curtarolo.

Penso che padre Longo era imbarazzato: Curtarolo o Nduye?!

Mentre noi, padre Gauthier ed io, nel pomeriggio riprendevamo, in moto, la strada del ritorno, un po' dappertutto, vicino alla missione risuonavano i canti dei pigmei.
Certamente, in quel momento, padre Longo li stava ad ascoltare e la sua preferenza era evidente!

A MAMBASA OVVERO ALL'INFERNO

Da “Testimoni” 31 luglio 2003, n. 14, pag. 25-29


Drammatica testimonianza di p. Silvano Ruaro

A MAMBASA OVVERO ALL’INFERNO

Questa testimonianza sugli avvenimenti nell’est della repubblica democratica del Congo non hanno bisogno di commenti. Basta leggerla. È lo squarcio di una realtà in cui vivono oggi molti missionari in balia di bande armate senza legge, dove ogni momento può succedere di tutto

Sono stato più volte invitato a narrare un momento particolare della mia vita di missionario in Congo, dove mi trovo dal 1970. Ogni volta che mi accingevo a farlo, dilazionavo la stesura, un po' frenato dalla pigrizia, dall'urgenza di altri impegni immediati, ma anche incerto sull'utilità di questo racconto, e soprattutto sulla mia capacità di accostarmi a questi avvenimenti col dovuto distacco e con rispetto religioso perché sono stato testimone delle umiliazioni, delle sofferenze di uomini... di Cristo.

Ho sempre avuto paura di lasciarmi prendere dal rischio di narrare dei fatti tragici e orribili e di dimenticare che tutto questo aveva un nome, un volto; che le lacrime, i pianti e le grida di dolore uscivano dagli occhi e dal cuore di bambini, di donne e di uomini che non avevano fatto nulla di male. E confesso che anch'io più volte incredulo di fronte a tanta sofferenza mi sono lasciato sfuggire questa preghiera‑lamento: "Dio mio, perché ci hai abbandonati?”. Ma più forte è stata la sensazione, la certezza di essere accompagnato da Qualcuno su questa Via Crucis di migliaia di persone. Incapace di portare la mia croce, dovevo a mia volta alleviare quella degli altri, aiutarli a vivere e a mantenere la speranza.

QUEL VENERDÌ

11 OTTOBRE

"Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze perché dimori in me la potenza di Cristo... Quando sono debole è allora che sono forte". Era cominciata con queste parole la giornata di venerdì 11 ottobre 2002. Uscivo malconcio da una settimana di forte malaria, ma non c'era tempo per la convalescenza. Due grosse realtà esigevano soluzioni rapide a problemi che non potevano aspettare oltre. Da un mese avevamo incominciato le scuole all'istituto "Bernardo Longo" con 650 alunni, suddivisi in varie sezioni: meccanica, falegnameria, taglio e cucito, scuola media, liceo scientifico e magistrale. L'orario, per carenza di personale insegnante e di locali, era ancora provvisorio e incompleto. Bisognava essere presenti, ascoltare, decidere. E inoltre la presenza alla missione di Mambasa di oltre 2.600 rifugiati era sorgente di una preoccupazione che diventava ogni giorno più angosciante. Questi erano arrivati da Bunia e dintorni a partire dal 20 agosto. Erano fuggiti agli orrori delle lotte tribali che avevano raggiunto il parossismo all'inizio di agosto. Erano scappati senza nulla, a volte testimoni del massacro dei loro cari, altre volte ignari della loro sorte. Traumatizzati e terrorizzati, avevano bisogno di tutto e sentivano il bisogno di parlarne con noi. Quei racconti, fatti senza passione ed emozione, come avessero perso la sensibilità al dolore, erano difficili da ascoltare. Di solito ascoltavo due o tre persone, poi facevo chiudere la porta e, restato solo, crollavo. Poi riprendevo... Ma non era sufficiente questa presenza: "Date voi stessi a loro qualcosa da mangiare". La missione, fin dall'inizio, aveva udito ed accolto questo appello: bisognava quindi prevedere, organizzare, comperare, distribuire. Il miracolo della moltiplicazione dei pani si rinnovava ogni giorno sotto i nostri occhi e fra le nostre mani... vuote. Dall'Italia giungevano parole che facevano eco a quelle di Cristo: "Salvate la gente!", e con le parole arrivavano gli aiuti. Ma bisognava continuamente essere vigilanti: mantenere una riserva di cibo, prevederne altro e andare a prelevare il denaro a Kampala (Uganda). Per cui, 1'11 ottobre, nonostante la debolezza, ho incontrato i professori per i problemi della scuola e poi sono andato a fare visita all’amministratore di Mambasa. A costui riferivo sulla situazione dei rifugiati e gli esponevo la mia inquietudine perché le scorte di cibo e medicinali erano scarse e gli facevo presente che era ormai indispensabile un mio viaggio a Kampala. Ma c'era un inquietante interrogativo: qual era l'evoluzione della battaglia che si combatteva a circa 20 Km di Mambasa fra le bande di Mbusa Nyamwisi che occupavano Mambasa da tempo e quelle di Jean‑Pierre Bemba che avanzavano sulla strada di Kisangani e che erano conosciute per la loro violenza e barbarie. Mentre parlavamo, infatti, sentivamo il rumore di colpi di armi pesanti: mortai, granate. La risposta dell'amministratore fu di una stupefacente sicurezza e fiducia: “la situazione è sotto controllo; stiamo ricacciando il nemico; lei può partire tranquillamente per Kampala”.

“PADRE… È FINITA”

Il sereno dura poco... Verso le ore 14,00 l'amministratore arriva alla missione: "Padre, è finita! Tra poco saranno qui!". Il suo volto diceva molto di più delle sue parole. Nel frattempo cominciava la fuga: dei soldati in direzione di Beni, e della gente verso i campi nella foresta. Noi restiamo alla missione, stranamente vuota di bambini e tristemente silenziosa. Alla sera chiamiamo le suore a condividere con noi l'adorazione eucaristica, i vespri e la cena. "Considerate perfetta letizia, miei fratelli quando subite ogni sorta di prove sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza e la pazienza completi l'opera sua in voi perché siate perfetti e integri senza mancare di nulla" .(Gc 1, 2‑4). Queste parole della lettura breve dei Vespri ci scuotono e ci prevengono. Ma sul momento non capiamo. La fuga della gente continua tutta la notte e quando al mattino ci ritroviamo per la preghiera dopo una notte insonne sentiamo che sta avvicinandosi l'uragano. Gli ultimi soldati di Mbusa se ne vanno, passando davanti alla missione, disinvolti, con il kalasnhikosv a tracolla e qualcuno addirittura masticando canna da zucchero. Alle 8 comincia il crepitio delle armi da fuoco: il fragore si fa sempre più forte e si avvicina alla missione. All'inizio di questo uragano di fuoco e di grida siamo tutti assieme, padri e suore, poi siamo separati. Don Fabio Varutti, un sacerdote di Udine, resta alla missione, raggiunto poco dopo dal nostro confratello studente Serge. Padre Nerio Broccardo e le suore si inoltrano nella foresta e trovano rifugio nel Campo di un catechista, mentre il sottoscritto, p. Silvano, fa la spola tra la Casa e il cimitero, dove si erano rifugiate diverse persone…

Nel tentativo di ritornare verso casa, sono bloccato dagli spari e dalle grida dei soldati a circa 50 metri dalla missione e mi nascondo tra i cespugli, al limite del prato dove pascolano mucche, pecore e asini. Don Fabio e fratel Serge sono i primi a cadere nelle mani dei "miliziani", che sfondano porte e finestre, distruggono e sparano all’impazzata. Fratel Serve è picchiato selvaggiamente; Don Fabio viene gettato a terra, terrorizzato. Dal mio nascondiglio sento e vedo tutto: saccheggiano i magazzini e i containers, sparano alle moto, incapaci di farle partire…

Quando finiranno? Le ore passano: il frastuono non accenna a diminuire; sento qualche grida di uomini, donne e bambini; assisto da poche decine di metri all'abbattimento selvaggio di 14 mucche, prese a bersaglio in un gioco macabro, cercando di appiattirmi al suolo il più possibile, dato che sono nella traiettoria dei tiri... Recito il rosario... Sono inquieto. soprattutto per don Fabio e fr. Serge. Mi decido ad uscire allo scoperto. Momento terribile di paura e di umiliazione. Accolto da una fitta sparatoria in aria, sono proiettato per terra e perquisito; mi sento incapace di reagire, ma almeno sono con i miei confratelli.

Assistiamo impassibili allo scempio che si compie nella nostra casa e non opponiamo resistenza. Del resto non servirebbe a nulla, anzi sarebbe molto pericolosa. Siamo sdraiati per terra per non essere bersaglio delle pallottole che fischiano in continuazione e in tutti i sensi. Un ragazzo‑soldato probabilmente ha pietà di noi e, rimasto solo con noi, ci dice: "Padri, non reagite e non opponetevi a nessuna delle nostre richieste, perché, per quattro giorni, abbiamo il permesso di fare quanto vogliamo: rubare, violentare, uccidere e nessuno ci chiederà conto...".

UN GRUPPO DI SOLDATI

DOPO L'ALTRO

A un gruppo di soldati ne succede un altro: tutti prendono, sparano in aria, ci minacciano e ci deridono. Sembra che il tempo si sia fermato. Finalmente si fa sera. I soldati svaniscono nel buio, ma gli scoppi continuano. Ci rifugiamo in chiesa, vicino all'altare, per passare la notte. Sentiamo rumori di passi, voci, spari, ma nessuno entra. Anche l'alba si fa attendere. Finalmente usciamo: è domenica; sarà una domenica di passione. La gente comincia ad arrivare alla missione: traumatizzata, priva di tutto. Ognuno con la sua storia di sofferenza, di spoliazione e di umiliazioni. E i racconti. come tante piccole croci, si accumulano e fanno un tutt'uno. Seduti per terra, gli uni accanto agli altri, condividiamo la sofferenza c questo ci dà forza e dignità.

Ai soldati, che probabilmente vengono per beffarsi di noi, dico: "Per favore, lasciateci soli: quando una famiglia è in lutto, si rispetta quel luogo. La risposta è di un sarcasmo impensabile e rivelatore: "Di che cosa ti lamenti? Altrove abbiamo fatto anche peggio e nessuno si è lamentato". Solo nel pomeriggio ci decidiamo per la santa messa. Nel frattempo erano usciti dalla foresta anche padre Nerio Broccardo e le suore.

Lunedì, 14 ottobre: alle Lodi un altro appello: «Ricordatevi che i vostri padri furono messi alla prova per vedere se davvero temevano il loro Dio. Ricordate come fu tentato il nostro padre Abramo e come proprio attraverso la prova di molte tribolazioni egli divenne l’amico di Dio. Così pure Isacco, così Giacobbe, così Mosè e tutti quelli che piacquero a Dio furono provati con molte tribolazioni e si mantennero fedeli» (Gdt 8,26...). Ma nello stesso tempo una certezza ci veniva dal salmo 72 nell'Ufficio delle Letture: «...ma io sono con te sempre: tu mi hai preso per la mano destra. Mi guiderai con tuo consiglio e poi mi accoglierai nella tua gloria».

La missione era di nuovo il luogo di incontro, la casa di tutti: cattolici, protestanti e musulmani, accomunati dalla stessa tragedia, erano diventati fratelli. Verso le 9,00 arriva il colonnello, capo delle operazioni. Viene per cercare di spiegare il perché della guerra. Lo ascolto assente, stranamente calmo e senza mai interromperlo. Non so quale reazione si attendesse da me: senz'altro la mia l'ha sorpreso e spiazzato. «Colonnello, ci sono solo due alternative: o lei mi fa sparire subito, o io farò sapere a tutti gli orrori che avete commesso sabato scorso. Tacerò solo se lei mi dirà anche una sola ragione che giustifichi quanto avete fatto alla gente. E le chiedo di rimandare a casa tutte le ragazze che avete rapito».

Le posizioni erano chiare e senza ambiguità. I1 resto è stato relativamente facile: bastava mantenere la stessa linea. E mi sono accorto che la gente ci contava. Non potevo deluderla. Il 21 ottobre ci era offerta la possibilità di partire a Kisangani con l'elicottero dell'ONU. Padre Nerio ha accettato di partire, per non mettere in difficoltà il superiore provinciale, padre Dino Ruaro. Infatti, per vincere le reticenze delle autorità dell'ONU, padre Dino aveva detto che noi eravamo in pericolo e che era urgente evacuarci. Bisognava dunque che almeno uno partisse. La nostra permanenza a Mambasa è stata molto apprezzata dalla gente: "adesso siamo certi che Dio non ci ha abbandonati".

UN VOLO

A KAMPALA

La situazione sanitaria e alimentare si faceva sempre più drammatica. Mambasa era isolata. Restava aperta la via del... cielo. Ebbi un'ispirazione che sembrava follia. Con un pastore protestante mi sono recato dal colonnello e gli ho chiesto se potevo entrare in comunicazione via radio con un pilota della MAF (una piccola compagnia aerea protestante) per un eventuale volo a Kampala per acquistare viveri e medicinali. Evidentemente mi sono dovuto subire dei rimproveri e delle minacce, ma il permesso di partire era chiaro e senza condizioni. Il 24 ottobre volavo a Kampala. Una mezz'ora dopo il decollo i soldati di Mbusa attaccavano Mambasa. Collera da parte del colonnello, convinto che io avessi organizzato il contrattacco e che avessi fatto uscire le notizie trasmesse dalla radio vaticana. Tentativo da parte sua di far rientrare l'aereo a Mambasa.

A Kampala ho contattato l'ambasciata d'Italia e un osservatore dell'ONU che mi ha aiutato a redigere un comunicato trasmesso poi a Kofi Annan e a tutte le ambasciate. Nel frattempo a Mambasa i soldati di Bemba erano cacciati e si installavano di muovo quelli di Mbusa.

La vita riprendeva, padre Nerio ritornava da Kisangani e io da Kampala. Iniziava la fase di aiuto ai rifugiati e alla popolazione di Mambasa che aveva perso tutto. Grazie alla generosità di tanti amici, potevamo essere vicini a tutti con cibo, medicinali, vestiario e generi di prima necessità. Sembrava un sogno: si riaprivano le scuole; i ragazzi tornavano a giocare; il lavoro diventava normale. Ma era solo una piccola schiarita. Verso il 20 novembre da più parti mi giungevano messaggi allarmanti: «Padre Silvano; allontanati da Mambasa; i soldati di Bemba stanno ritornando e le loro intenzioni nei tuoi confronti sono senza equivoci». Era una decisione difficile da prendere. Sabato 23 novembre, lascio Mambasa. Il motivo ufficiale è la visita a una comunità cristiana a 35 Km per la festa di Cristo Re. Resto nel villaggio tre giorni e il 26 rientro a Mambasa; incontro gli operai e i professori e poi riparto. Si respira già ansia e incertezza. Il 28 sera, panico e terrore: stanno arrivando! Alle 23, in una notte buia e senza luna, tutta la gente fugge dalla propria casa e si ammassa sulla strada verso il sud, direzione Beni. Inizia così il lungo esodo di oltre 28.000 persone, ignare del perché, attonite e rassegnate, con una sola idea fissa: fuggire e sottrarsi agli orrori di genocidio.

Un fiume, l'Ituri, a 40 Km da Mambasa, sarà il nuovo confine. A sinistra del fiume, una folla enorme di rifugiati privi di tutto: a destra una regione vuota, in mano ai soldati di Bemba, stupiti di non trovare nessuno. Avevano già dimenticato gli orrori del 12 ottobre. E noi? Non c'era né il tempo né la voglia di pensare. Una sola idea: "Salvare la gente, queste decine di migliaia di persone, essere con loro". La gente si era fermata nei vari villaggi: Teturi, Lwemba, Byakato, Alima, Malutu, Mangina... Per fortuna era iniziata la stagione secca, senza pioggia.

Dal nostro campo base a Mangina e a Beni coordinavamo il tutto: comperare, distribuire e ascoltare. Tante persone, soprattutto mamme, necessitavano di un contatto personale. Con pudore esponevano la loro situazione: trovare un rifugio presso un parente, la vicinanza del parto, bambini denutriti, perché non avevano latte. La nostra vita non aveva più orari: ci lasciavamo guidare dagli avvenimenti. Momenti di tensione estrema e di paura si alternavano con momenti di serenità e fiducia. Continuare, non mollare, nonostante tutto. Ai primi di dicembre, un altro viaggio a Kampala. Ritiro i soldi presso i padri comboniani e il 5 dicembre contatto il nunzio apostolico. mons. Pierre Christophe. Un incontro decisivo! In un colloquio di due ore gli espongo gli orrori di questa guerra, la sofferenza disumana della nostra gente, l'assurdità e lo scandalo del silenzio e dell'indifferenza che avvolgono questi crimini. Il nunzio è scosso e organizza subito un incontro a tre con l'ambasciatore del Belgio, Karl Peters. E non sarà l'unico passo.

M'ACCORGO

DI NON FARCELA PIÙ

Ritorno a Beni, ma mi accorgo di non farcela più: paura, ma soprattutto la constatazione di impotenza di fronte a questa tragedia. Telefono a una mia sorella: «Tra pochi giorni sarò in Italia!». Ma non mi decido a partire: resto ancora un giorno, poi un altro: «Signore, dammi la forza anche per quest'oggi!». A Beni sono ospite di una comunità di suore, Soeurs Orantes de l'Assomption: 22 suore e postulanti, tutte africane. Un po' alla volta divento il loro cappellano e il loro fratello. Messa e recita di Lodi al mattino; poi loro iniziano l'adorazione eucaristica fino a sera. Io "scendo dal monte", loro pregano per me e per la mia gente; ritornerò a sera per la recita dei vespri e per la cena. Una volta alla settimana fanno l'adorazione notturna: quando posso mi unisco a loro. Un po' alla volta riprendo coraggio: ci si organizza meglio. Scopriamo giovani generosi, che si mettono a disposizione per questa operazione di emergenza: ci aiutano negli acquisti, nel trasporto e nella distribuzione. Così abbiamo più tempo per l'ascolto. «I poveri vi evangelizzeranno». Comincio a capire..., mamme, bambini, vecchi ripetono all'infinito ma sempre con tanta trasparenza e un candore commovente: «Grazie Padre, Mungu akubariki (che Dio ti benedica)». Sento che non è solo un augurio... è una conferma. Grazie anche a voi che mi siete diventati fratelli, sorelle e mamme.

Pensavamo di aver sofferto, pianto abbastanza... Il 18 dicembre i soldati di Bemba attraversano il fiume Ituri. Di nuovo la fuga verso il sud, verso Mangina. Nella calca alcuni bambini sono schiacciati. Si deposita il loro cadavere ai fianchi della strada e si continua. Il 19, da Magina, chiamo per telefono la MISNA e l’ambasciatore d'Italia a Kampala: «Fate qualcosa per salvare queste persone!». E stato inteso questo grido? Penso di sì! Mentre noi siamo alle prese con i problemi inerenti alla sopravvivenza di questi dimenticati che ormai sono più di 40.000, le ambasciate, la nunziatura, le Nazioni Unite fanno pressioni sui “signori della guerra”, e probabilmente sotto la minaccia di una denuncia presso il tribunale internazionale, li obbligano a firmare un cessate il fuoco, il 30 dicembre… Passiamo il periodo natalizio nella paura e nell’angoscia. I soldati di Bemba sono ormai alle porte di Beni. Tre sacerdoti di Wamba sono loro ostaggi: sono testimoni di atti orribili; i corpi dei nemici uccisi vengono mutilati; i loro organi genitali esibiti come trofei; e sono costretti ad ascoltare questo poco incoraggiante ritornello: "A Beni ci sfogheremo e ognuno di noi avrà almeno due moto".

Non c'è tempo per pensare: occorre agire in una frenesia interrotta solo dalla notte e dai momenti di preghiera in quella oasi che è la comunità delle suore. Un'antifona. (è il 20 dicembre, alle Lodi): "Perseverate, e vedrete su di voi l'aiuto del Signore", attira la mia attenzione, mi aggrappo ad essa e me la ripeto spesso e continuo a sperare. Il 31 dicembre la gente fugge verso Beni: è il panico: si sente il rombo dei mortai. La gente e anche i soldati non sanno ancora che è stata firmata la tregua. Lo sapranno solo nel pomeriggio. Finalmente!

UN BARLUME DI SPERANZA

Con il nuovo anno riappare lentamente un barlume di speranza che diventa man mano più luminoso. I soldati si ritirano, le Nazioni Unite inviano una commissione d'inchiesta, diverse ONG arrivano in aiuto.

La gente esita a ritornare... Ma l'invio a Mambasa di quattro osservatori militari dell'ONU è un passo importante sulla strada della normalità. Invitiamo dunque la gente a ritornare e li aiutiamo mettendo a loro disposizione dei camions e dando loro dei viveri per il ritorno. In febbraio ritorniamo anche noi alla missione anche se i soldati si sono ritirati solo a 30 km a nord di Mambasa. Ma è importante e urgente dare speranza, reagire alla paura e alla rassegnazione. I1 10 marzo riapriamo le scuole. È un'altra sfida alla Provvidenza: chi pagherà i 307 maestri e professori e darà il necessario ai 9.500 alunni!?. "Date voi stessi a loro qualcosa da mangiare!...".

Riprendiamo i lavori di costruzione dei due edifici della scuola rimasti interrotti durante la guerra e la fuga...

Ci avviciniamo alla Pasqua. La Quaresima e la Passione sono state più lunghe del solito. Adesso guardiamo indietro e rileggiamo tutta la storia: ci appare più chiara, certezze e domande senza risposte sono più nitide...

Una certezza: "Ma io sono sempre con te: tu mi hai preso per la mano destra. Mi guiderai con il tuo consiglio e poi mi accoglierai nella tua gloria".

Una domanda senza risposta: una sera, a cena una suora mi chiese: «Padre, perché dobbiamo soffrire così? Che cosa abbiamo fatto di male?».

Questa frase la risento spesso come un tormento nel mio cervello e nel mio cuore, mentre rivedo tante scene di miseria, di pianto e rivedo quella fiumana di persone che se ne va, con lo sguardo vuoto, senza indignazione, cadaveri ambulanti e ripenso a quella mamma violentata da 18 soldati in presenza di suo marito e ripenso a José, una bambina della mia scuola, di 13 anni, violentata da 5 uomini: «Gridavo, piangevo... e loro mi picchiavano sul viso, sulle gambe e urlavano: smettila di piangere! Cosa abbiamo fatto di male?». Signore, non dimenticare il tuo popolo!

Silvano Ruaro, dehoniano


venerdì 12 ottobre 2007

un altro...12 ottobre! - l'Istituto Albino M...a Mayuano


Avete letto il post precedente. Spero non siate rimasti bloccati.
La memoria non deve essere solo un doloroso rivivere un tragico e orribile avvenimemto. Al contrario: deve essere come una energia compressa che spinge a trovare rimedi al male, affinche questi fatti non si ripetano più. Deve generare segni concreti di speranza.
Questa sera ve ne presento uno.
Nella tarda mattinata, assieme al nuovo venuto, il diacono P. Gauthier, sono andato a Mayuano per vedere l'evoluzione dei lavori dell' Istituto Albino M... e per controllare la presenza degli alunni.
Perché questo nome? Semplice. Un signore ha voluto ricordare in questo modo la memoria di suo padre, che era maestro.
Avevo da anni, l'idea di costruire una scuola media a Mayuano, un grosso villaggio a 33 km da Mambasa. Questo signore mi ha convinto - con argomenti concreti, e non solo a parole - di andare più avanti. Dopo un primo edificio - quello centrale - ne sono sorti altri due che ospiteranno una scuola agraria-forestale.
I corsi sono già cominciati.
Oggi l'ho potuto constatare.
Oltre alle classi delle due medie, ha cominciato a funzionare il primo anno di agraria.
L'edificio non è completamente finito: mancano le porte e le finestre, il colore...Ma vi assicuro che è questione di giorni...Fra poco, sul blog, rivedrete questa foto, pronta...per l'esposizione!
Il mio confratello, p. Gauthier, era entusiasta. Dato che conosce benissimo l'inglese perché ha fatto gli studi di Teologia in Sud Africa mi ha detto, mentre ritornavamo a casa: "Il sabato sono libero; verrò ogni settimana per insegnare l'inglese. Lo faccio soprattutto per incoraggiare questi ragazzi"...Bello vero?

E bello il gesto di chi ha voluto ricordare così suo padre...
Grazie, F... e L..."

Quante generazioni di giovani, grazie a questa scuola, realizzeranno il "sogno" di Isaia:
"Forgeranno le loro spade in vomeri,
le loro lance, in falci;

un popolo non alzerà più la spada
contro un altro popolo;
non si eserciteranno più nell'arte della guerra".


Pensavo, al ritorno, al 12 ottobre 2002!

"Mai più Signore, un 12 ottobre come quello...ma tanti come quello di oggi"

12 ottobre 2002 - 12 0ttobre 2007: 5 anni fà!

Non potrò mai dimenticare quel 12 ottobre 2002!
Mambasa cade nelle mani dei soldati de l'ALC (Armée de libération du Congo!).Uno scempio. Tutti hanno perduto tutto.!
Il responsabile di una nostra rivista, TESTIMONI, in seguito, mi aveva chiesto di scrivere un articolo sugli avvenimenti di quei giorni. Dopo averlo scritto, non trovavo un titolo adatto. Lui stesso, ha scelto questo: "A Mambasa,ovvero all'inferno". (Vedere Testimoni, n°14, del 31 luglio 2003).
Non posso pensare a quel giorno senza una stretta al cuore... Oggi non ne ho parlato con nessuno...Non volevo riaprire la ferita soprattutto nel cuore di chi con me ha vissuto quel giorno.
Ma ho ripensato spesso alla frase con cui chiudevo quell'articolo: " Signore, non dimenticare il tuo popolo!"
E questa sera rinnovo quella preghiera...

martedì 9 ottobre 2007

Un saluto da padre Dino!

Carissimi, sono ormai due settimane che sono entrato a fare parte della comunità di Mambasa; è giusto quindi che anch’io dia un segno di vita. Era il 25 settembre il giorno in cui arrivavamo qui, P. Nerio e io. Nerio, per raccogliere le sue ultime cose e per lasciarmi le consegne della Parrocchia, e io per incominciare un nuovo servizio e una nuova vita qui a Mambasa. Sono contento di trovarmi qui. Per quanto tempo? Non lo so, e neanche mi importa molto saperlo. Resterò qui fin quando il Signore vorrà. All’inizio c’è spontaneamente un po’ di apprensione, legata all’ambiente nuovo, alle incognite dell’inserimento, alla lingua che conosco ancora male e che, ad una certa età soprattutto, sarà più difficile assimilare; apprensione legata anche ai limiti personali che sento di avere. Ma nella mia vita missionaria ho avuto talmente tante prove della vicinaza del Signore e del suo aiuto, che non posso dubitare di lui e della sua assistenza. Per cui debbo dire che comincio questa nuova tappa della mia vita con ottimismo e con fiducia. Questa fiducia diventa più facile se guardo alla comunità nella quale mi trovo; siamo in quattro: p. Silvano, P. Gianpaolo Amuli, il diacono Gauthier e io.
Dopo questi pochi giorni che ci troviamo assieme, credo proprio che il Buon Dio ci ha fatto il regalo di una buona comunità; è un augurio, una preghiera e al tempo stesso un impegno: che possiamo realizzare fra noi una vera fraternità, fatta di fede, di passione per la nostra gente, di coraggio, di volontà di collaborare, per meglio aiutare la nostra gente. Spero che anche quelli fra voi, che vorranno venire qui a Mambasa, si troveranno a loro agio e contenti di condividere per qualche tempo la nostra vita e il nostro lavoro. Domani farò la mia prima uscita sulla strada che conduce in direzione di Bunia. P. Nerio, rientrando dal suo ultimo viaggio mi diceva:”Ho lavorato per sedici anni su queste strade impossibili. Adesso che le hanno messe a posto e che si viaggia veloci, me ne vado, lasciando il posto a te. Che fortuna che hai”! Personalmente non mi faccio illusioni. Le piogge torrenziali e l’incuria totale non tarderanno a riconsegnarci delle strade che ci faranno soffrire e piangere. Ne vedremo ancora di belle…
Un grazie sincero per la vostra vicinanza e la vostra amicizia
Ciao.

P. Dino

sabato 6 ottobre 2007

Gianluca e Irene raccontano

Sono le 5:10 del mattino di Domenica 30 Settembre 2007,
Silvano, perdonami se ho trovato solo ora il tempo e la giusta ispirazione per raccontare delle settimane passate a Mambasa, in tua compagnia e degli amici del Club des Professeurs Pour l’Initiation de la Jeunesse au Develppement…
Vorrei ringraziarti per l’ospitalità con cui hai accolto me ed Irene…conservo in un cassetto con la scritta “speciale” quei giorni da te.
Dunque…
Io, Irene e Filippo siamo arrivati a Mambasa (a proposito Mupe…si sta bene a Mbsa, anche se preferisco Nduye! ;) la notte fra il 10 e l’11 agosto 2007, attraversando da sud a nord la sterminata foresta equatoriale dell’alto bacino del fiume Congo.
La pioggia, assolutamente imprevista per la stagione, avrebbe battezzato il nostro soggiorno con la “Settimana dell’Acqua”…
Con noi avevamo portato mappe satellitari della città, strumentazione per analizzare l’acqua che beve la gente del posto, pennarelli e cartelloni per lavorare insieme ai Comitati di quartiere, una pompa nuova di zecca per l'Ospedale pubblico comperata appositamente a Kampala.
Non entro nei dettagli di quel che è successo in quel mese, e credo non riuscirò mai ad esprimere la completezza di quei giorni, la sensazione di essere al posto giusto, in armonia con il luogo e la sua gente…quando provo a raccontare agli amici, spesso mi fermo o interrompo la storia, poiché le mie parole non riescono ad esprimere quello che ho vissuto laggiù...
…a Mambasa bisogna andarci e bisogna tornare per rinnovare il significato a quello che facciamo qui, a casa nostra, e per esprimere la nostra solidarietà e supporto concreto nei confronti di gente che non ha avuto grandi possibilità di scelta come invece accade a noi “musungu”.
Insieme agli amici del C.P.I.J.D. abbiamo lavorato intensamente, ma soprattutto abbiamo costruito un ponte di scambio…esperienza, cultura, visioni, bisogni e altro ancora.
Un viaggio straordinario nel 'Cuore di tenebra' dell'Africa nera. Un ricordo unico, che porterò con me a lungo…
Un abbraccio e a presto, Gianluca


Gianluca e Irene, la coppia di ingegneri senza frontiere (www.isf.polimi.it) durante una visita a Nduye, un paradiso disperso nella foresta equatoriale…

Irene, insieme ai professori Aimé e Sagesse, durante la raccolta dati necessaria alla caratterizzazione della qualità dell’acqua.


Foto aerea di Mambasa. In rosso, la mappa dei punti d’acqua censiti durante la campagna dell’agosto 2007, utilizzati dalla popolazione a scopo potabile.


Aimé Mandro, professore e segretario del C.P.I.J.D., durante la giornata partecipativa con i Comitati dell’acqua di Mambasa.
Aimé, presenta i risultati tecnico scientifici conseguiti nella campagna di raccolta dati.
Secondo i professori del C.P.I.J.D. fra i risultati più importanti del lavoro svolto in collaborazione con gli ingegneri senza frontiere di milano, è stato l’acquisizione di un metodo scientifico e l’applicazione di tecniche partecipative.

Giornata partecipativa. Kasereka (a sinistra), professore e Presidente del C.P.I.J.D., dopo aver invitato la popolazione a scegliere i propri rappresentanti dei Comitati dell’Acqua, stabilisce con loro il piano di azioni e i temi da affrontare nel villaggio:
• Sensibilizzare la popolazione ad un utilizzo corretto dell’acqua
• Stabilire/Concordare buone pratiche di gestione dei punti d’acqua
• Stabilire/Concordare la tariffa equa per garantire la sostenibilità economica delle sorgenti ricostruite

Il Prof. Baptiste, esulta per aver visto la pompa dell’Ospedale Pubblico di nuovo in funzione dopo oltre 15 anni di inattività. La gente del quartiere, e i malati dell’ospedale, tutti intorno esultano per la buona notizia.

E’ anche l’ultimo giorno di Irene e Gianluca a Mambasa. Un giorno di grande soddisfazione, e allo stesso tempo durissimo…Da lì a poco, un ragazzo verrà portato con urgenza in ospedale a causa di un incidente grave avvenuto in un cantiere poco distante. La sensazione di impotenza ci piomba addosso come un macigno…in Italia, il ragazzo se la sarebbe cavata con una semplice operazione, qui, no. ..