Avevo promesso che un giorno o l'altro avrei parlato di quello che Mudjudju chiama: un miracolo e l'attribuisce...a me.
Giando l'aveva ricordato ultimamente, suscitando probabilmente una certa curiosità fra i lettori.
Ieri pomeriggio Mudjudju è venuto alla Via Crucis (abita a 11 km da Mambasa) e ho colto l'occasione per fare due foto: una a lui a una al suo...piede.
Adesso tutto è pronto per questo articolo.

La leggenda
di san silvano.
Marzo 2003.
Dopo la bufera dell'autunno 2002: arrivo massiccio di rifugiati da Bunia, saccheggio di Mambasa, esodo a Beni e impegno da parte nostra di assistere tutti i profughi, nel marzo del 2003 ritorniamo a Mambasa. Operazione degna…del corridio aereo di Berlino. Trasporto dei profughi, con il camion, da Beni fino a Byakato, a 75 km da Mambasa…poi a piedi fino a destinazione visto che la strada è impraticabile.
Ripresa delle scuole il 10 marzo per convincere i più dubbiosi e pigri a rientrare. In pochi giorni Mambasa riprende la sua vita quasi ordinaria.
Ma i tempi sono duri. Tutti hanno perduto tutto. I campi e i raccolti sono stati bruciati dai soldati: non c’è traccia di animale domestico. La missione ha perso oltre 35 pecore. 30 mucche…ed è vuota. Ma si riprende. Ognuno cerca il modo di sopravvivere. Per fortuna i benefattori non mancano e possiamo distribuire cibo a tutti e pagare gli insegnanti di tutte le scuole di Mambasa e dintorni per un raggio di oltre 80 km.
Nascono nuovi mestieri.
Mudjudju escogita un nuovo modo per guadagnare qualche soldo e poter ripartire con la sua attività principale: l’agricoltura. Si fa tassista con la sua bicicletta.
Una donna gli chiede di trasportarla a Beni (142 km!).
Accetta. Chi conosce la strada fra Mambasa e Beni sa che non è impresa da poco: ci sono tratti in forte salita, buche, fango, tratti sassosi. Ma Mudjudju è un uomo coraggioso e deciso!
Partono. La donna trova posto sul portabagagli imbottito con un cuscino e Mudjudju deve pedalare o più spesso scendere e spingere. La donna ha pagato…per stare seduta.
Arrivati a 30 km da Mambasa, un soldato vuole prendere di forza la bicicletta. Mudjudju si oppone. Il soldato imbraccia il fucile per colpire Mudjudju. Questi a sua volta afferra il fucile e gira la canna verso il basso. Il soldato preme il grilletto. Partono parecchi colpi che perforano il piede di Mudjudju. La gente accorre e immobilizza il sodato. Mudjudju viene portato a Teturi a 42 km da Mambasa dove ci sono i Médecins sans frontìères.
I cristiani di Mayuano mi mandano un biglietto per avvertirmi dell’accaduto. Parto subito in moto con l’abbé Roger della diocesi di Wamba. Trovo Mudjudju dolorante. Intervengo personalmente presso i Medici pregandoli di fare tutto il possibile.. Immediatamente una loro macchina porta Mudjudju al loro ospedale di OICHA.
Passa qualche giorno e la ferita non rimargina. L’infezione si propaga. Mudjudju soffre terribilmente.
Una sera il medico, francese, gli dice che, a malincuore, il giorno dopo procederà all’amputazione del piede. Mudjudju, rassegnato, accetta senza discutere, convinto che questo sia il minor male.
La notte, Mudjudju ha un sogno (visione): vede padre silvano vestito di bianco, luminoso e che tiene un libro in mano. Mudjudju vorrebbe sapere cosa sta leggendo. Ma questa visione sorride e gli dice : "stai tranquillo non ti taglieranno il piede”.
Il mattino il medico lo va a visitare e gli annuncia con l’aria più normale del mondo : "non è necessario amputare il pie
de."
Così è stato.
Mudjudju dopo qualche settimana è ritornato a Mambasa, un po’ zoppicante ma in forma.
Oggi ha tutto dimenticato…eccetto la storia di quella visione che ama raccontare ai nostri visitatori e mostra senza problemi le cicatrici nel piede!
Cosa pensare?
Di una cosa sono certo: quella notte famosa io non mi sono mosso da Mambasa.
Foto: Mudjudju (a destra) con il direttore Ngona.
- il suo piede, oggi!