mercoledì 3 novembre 2010

TESTIMONIANZE SU PADRE BERNARDO LONGO (2)

E’ il mese di ottobre 1964. La situazione a Nduye e in tutta la regione è diventata molto pesante. I ribelli comunisti (detti Simba ) stanno avanzando un po’ ovunque, seminando angoscia, distruzione e morte.

Don Giacinto Toneatto, un prete di Udine, missionario a Mambasa e amico di padre Bernardo, invia un ragazzo a Nduye per dire al padre: “Le cose si mettono molto male. Vieni subito a Mambasa; di qui ci metteremo in salvo andando verso Beni e di lì in Uganda”. “Montpellier - risponde padre Bernardo senza esitazione - il Signore mi ha voluto qui a Nduye, come pastore del suo gregge. Non posso lasciare i miei cristiani in balia del lupo, per mettermi in salvo io”.

I Simba arrivano a Nduye la sera del 20 agosto, festa di San Bernardo. Il padre aveva appena finito l’adorazione del Santissimo Sacramento. I giorni che seguono sono per tutti giorni di paura e di inquietudine.

Il 29 agosto arriva una camionetta di ribelli, comandati dal comandante Lonjambi: hanno l’ordine di arrestare il padre e le suore e condurli a Mambasa. Vi arrivano che è ormai notte. Il padre è accolto da una scarica di pugni e spintoni. Il comandante Imana Charles lo colpisce con il calcio del fucile aprendoli una grossa ferita al labbro superiore.

I giorni seguenti i simba continuano a tormentarlo, picchiandolo e insultandolo. Il loro comandante lo provoca, dicendogli di prendere le suore come sue donne. Il padre risponde con fermezza: “Non posso fare una cosa del genere. Meglio morire che rovinare la mia castità”.

Dopo avere ripetutamente interrogate le suore, i ribelli le lasciano ripartire per Nduye.

Padre Bernardo invece rimane rinchiuso nella sua prigione. Un momento che Montepellier gli viene vicino, gli dice: “Se io muoio, fai bene attenzione alle suore”.

Ed eccoci al 3 novembre. Al mattino, i Simba spingono il padre fuori dalla prigione e lo fanno comparire davanti alla folla. Il padre è legato; ha la faccia sfigurata e sofferente. I Simba cominciano a cantare “Leo tu. Leo tu”. “Proprio oggi. Proprio oggi”.

Un simba, Androbo, gli dice: “E’ finita per te”.

La sentenza è pronunciata dal comandante Imana Charles: Il padre ha tradito il paese e chiamato gli Americani servendosi di una radio. Deve morire.

Baudouin, un suo ragazzo di Nduye, che ha abbandonato la scuola e si è arruolato tra i Simba, è fra coloro che sono incaricati dell’esecuzione. Il padre vedendoselo vicino, si rivolge a lui: “Baudouin, figlio mio, sei qui per uccidermi? Quando eravamo a Nduye era il tuo tempo; ora è arrivato il mio”. Se è così, lasciami pregare un po’”. E Padre Bernardo si raccoglie un momento in preghiera; poi dice: “Il mio corpo lo potete uccidere, ma la mia anima andrà in cielo”.

Androbo è il primo a colpirlo, con la lancia. Il padre cade lentamente, mettendo le mani in avanti. Quindi, colpito ripetutamente da altri colpi di lancia, si accascia al suolo, in direzione della sua missione Nduye.

Alcuni giorni prima, trovandosi già nella prigione di Mambasa e presentendo la sua fine ormai prossima, padre Bernardo aveva confidato alle suore: “Questa è la fine più bella per un missionario”.


3 commenti:

Anonimo ha detto...

Silvano,che dire di fronte a queste testimonianze,e a quello che è stato fatto dopo Bernardo.
Da miscredente,o giù di lì,dico che a Schio abbiamo una santa,madre Moreta,alias Bakita.
Il suo "merito"?......mi fermo qui!!!

giando

Anonimo ha detto...

P. Bernardo Longo ha dato avvio nell'Iturin(regione che comprende Nduye e Mambasa) a qualcosa di straodinario. P. Bernardo nel cuore dei Congolesi anche di quelli che non l'hanno conosciuto ha messo una scintilla di verità, di libertà e di dignità umana prima sconosciuta. Questa scintilla sta crescendo e crescerà ancora perché lui P. Longo è ancora vivo e la fa crescere. Giando hai ragione senza Bakita e P. Bernardo quello che si vede nella missione da lui fondata non ci sarebbe Nerio

Shea A ha detto...

Very creeative post