sabato 20 novembre 2010

Il nostro viaggiare (2)

Domenica, 14 novembre. Padre Riccardo ritorna da Wamba, dove si è recato per l’Assemblea Diocesana degli agenti pastorali. Al rientro, passa per Babonde, dove lo ha invitato padre Renzo Busana, contento di poter finalmente accogliere un confratello nella sua comunità. Babonde, infatti, come del resto quasi tutta la diocesi di Wamba, si trova isolata dal resto del mondo a causa delle strade divenute impossibili. Nel tratto fra Bayenga e Niania, padre Riccardo, che viaggia su una moto taxi, rischia di cadere lungo disteso in una pozzanghera di fango.


Il confratello mi racconta di un kumba-kumba il quale, qualche tempo prima, aveva perso la vita sullo stesso tratto di strada. Spingeva la sua bici e cercava di raggiungere i suoi amici che lo precedevano di qualche centinaia di metri. Il poveraccio è scivolato ed è caduto in un enorme buca piena di fango; la bici, stracarica della mercanzia più disparata, è caduta sopra di lui. Esausto com’era, non è riuscito a liberarsi ed è morto così, sommerso dal fango.

“Sommerso dal fango”… una immagine che evoca l’immensa sofferenza di tanta povera gente.


Ed ecco un altro piccolo episodio che illustra il nostro viaggiare.

Lunedì notte, arriva da Kisangani padre Paolo Slowik, un confratello polacco, parroco a Butembo. E’ rattristato nel costatare il degrado della strada, erosa dalle continue piogge e rovinata dai pesi massimi che la percorrono. Rimessa a nuovo dai cinesi e consegnata alle autorità congolesi il mese di marzo dello scorso anno, la strada è già irriconoscibile.

Arrivato ad Avakubi, dove sorgeva la prima missione della diocesi di Wamba, ora totalmente abbandonata e soffocata dalla foresta, il padre trova il ponte sull’Ituri interrotto per lavori di consolidamento.

Per passare dall’altra parte del fiume deve far salire la Land-Rober su uno dei barconi costruiti per questo scopo. La confusione è indescrivibile: tutti chiedono soldi, tutti gridano, tutti danno ordini …e il traffico rimane immobile. Una vera Babele. Quattro ore per traversare il fiume, con pedaggio di 60 $… E’ veramente desolante.

Quand’è che questo nostro paese comincerà a percorrere in modo risoluto la strada della dignità e della libertà?

P. Dino

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono senza parole...neanche i Cinesi riescono ad avere la meglio sulla forza vitale che ha la natura in Africa. è passato così poco tempo da quando quella strada era nuova! Mi chiedo se degli stradini pronti a ripararla potrebbero stare al passo! Vanda

Anonimo ha detto...

A Beni esiste un kilometro e mezzo di asfalto che mi dicono essere "made by Italy"da non so quanti anni.Per chi arriva da Mambasa è una goduria che si vive assieme ai mezzi,ai nostri fondoschiena.
Natura a parte,ci sono dei fondamenti per fare le strade e il genio italico ha da insegnare,a tutti,in tutto il mondo.
Per quanto riguarda gli stradini.....
tutto il mondo è paese!!
Giando

Gianluigi ha detto...

Questi commenti mi provocano, mi tirano nella discussione!

Devo difendere la mia idea di 40 anni fa, proposta per la strada di Nduye. Per la strada, una volta riparata, basterebbe la sola manutenzione, purchè rigorosa e costante.
Dicevo allora:" Datemi un uomo al chilometro, con pala, zappa e carriola!" Allora li avrei guidati io per una rigorosa manutenzione. Sarebbero stati pagari con il salario di un operaio agricolo, un costo irrisorio di fronte a quelli degli interventi straordinari...anche se cinesi...e quindi con oneri occulti.
Forse ci sarebbe voluto anche il "fimbo", almeno per i cantonieri meno assidui e magari troppo tentati dal "malofo".

Anonimo ha detto...

Gli stradini...Sì, Giando! Potrebbero essere loro la chiave di soluzione del problema della manutenzione delle nostre strade. Lavoro fatto come Gianluigi propone...
Lo scorso anno, avevano chiesto ai padri della missione di Mambasa di assumersi questa responsabilità, da Niania fino a Komanda, mi pare (Silvano si ricorderà meglio). Evidentemente non abbiamo accettato, per ovvii motivi. Allora il lavoro è stato affidato alla società di Epulu-RFO, per il tratto Mambasa-Molokay, e ad un'altra società per il tratto Mambasa-Komanda. Sul primo tratto, si è lavorato e la strada, a quel tempo, era passabilmente buona. Per il secondo tratto, una volta intascati i soldi, ci si è limitati a tagliare le erbe a lato della strada, per una lunghezza di forse 500 m. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: la strada è già molto degradata. Non si ha notizia di verifiche fatte né di sanzioni prese. Quanto al primo tratto, Epulu RFO ha ricevuto fondi per un periodo di soli sei mesi. Morale della favola: è quasi un anno che RFO ha sospeso ogni manutenzione. Come si può vedere, è tutta la macchina dell' amministrazione pubblica che è inceppata. Esiste una porta alla quale bussare per avere un po' più di serietà e di continuità?
Dino

Gianluigi ha detto...

Io non commento...perchè vorrei solo chiedere quanto sarebbe oneroso, al posto di mezzo salmo del breviario,...scrivere due solo parole destinate magari ai "lettori infedeli".

Gianluigi ha detto...

...dal che si deduce, purtroppo, che anche i Salmi sono fuori moda!

Anonimo ha detto...

C'è un "office de route" in Congo che dovrebbe occuparsi della minutenzione delle strade, ma da sempre è inefficiente. I fondi per farlo funzionare sono scomparsi e, se se ne iniettano ancora scompariranno, come sono scomparsi i soldi per le pensioni, per la giustizia, per le poste ecc. ecc.
Putroppo i congolesi non sanno gestire il bene comune neanche al 2%. Debbono imparare questo punto fondamentale. Per quanto mi riguarda ho tanta nostalgia del Congo, ma non so se ora riuscirei a sopportare i disagi delle strada come erano prima che i Cinesi rifaccesro il tratto Beni Kisangani. Aspettiamo per vedere come andrà a finire.
Nerio